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La crisi ucraina: ecco cosa prevedono gli accordi di Minsk

I partecipanti alla marcia dell'Unità per l'Ucraina nel centro di Kiev

Il protocollo di Minsk è tornato d’attualità come possibile soluzione per disinnescare la crisi ucraina. Gli accordi, sottoscritti nella capitale bielorussa nel 2014 e nel 2015 per fermare la guerra nelle regioni separatiste filo-russe del sud-est, non sono mai stati pienamente attuati.

Ecco cosa prevedono.

Minsk I

A settembre del 2014, dopo 5 mesi di conflitto, Ucraina, Russia ed i separatisti filo-russi (il cosiddetto Gruppo di contatto trilaterale) concordano un cessate il fuoco, che prevede tra le altre cose lo scambio di prigionieri, consegne di aiuti umanitari, ritiro di armi pesanti, e soprattutto la decentralizzazione del potere con una maggiore autonomia per le regioni del Donbass. L’intesa tuttavia fallisce rapidamente, a causa di ripetute violazioni da entrambe le parti.

Minsk II

A febbraio 2015 si muovono i leader di Francia, Germania, Russia e Ucraina, il cosiddetto quartetto Normandia, per arrivare alla firma di una nuova intesa in 13 punti. C'è una parte militare, con il cessate il fuoco monitorato dall’Osce, il ritiro delle armi pesanti da entrambe le parti ed il ritiro di tutte le formazioni armate straniere. E c’è una parte politica, in cui si punta all’avvio di un dialogo sull'autogoverno provvisorio per le regioni di Donetsk e Lugansk, in conformità con la legge ucraina, il riconoscimento del loro status speciale con una risoluzione del Parlamento ed una riforma costituzionale in Ucraina che menzioni Donetsk e Lugansk nella parte riguardante il decentramento. Anche Minsk II però è rimasto in parte non attuato. Uno degli ostacoli è che la Russia formalmente non è parte in conflitto (non viene mai nominata nel testo), quindi non si sente vincolata. Kiev, ad esempio, sostiene che le forze armate nel Donbass provengano da Mosca, ma i russi negano. C'è poi il nodo dello status speciale da concedere ai separatisti, che le autorità centrali ucraine faticano ad accettare, perché temono che minacci l’unità territoriale e soprattutto l’indipendenza del Paese rispetto alle mire espansionistiche del gigante russo.

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