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La Cia teme un attacco russo all'Ucraina a giorni, Biden agli alleati: andate via

La Russia ha concentrato forze sufficienti per sferrare un attacco all’Ucraina, che a questo punto potrebbe scattare «in ogni momento». Il monito della Casa Bianca arriva alla fine di un’altra giornata tesissima tra Mosca e l’Occidente, con gli alleati che provano a fare quadrato e ribattere compatti alle mosse del Cremlino.

Mentre il Pentagono si prepara a inviare altri 3.000 soldati in Polonia nei prossimi giorni, la diplomazia tenta ancora di evitare il peggio, con un colloquio tra il presidente russo Vladimir Putin e quello americano Joe Biden nella giornata di sabato, organizzato secondo Mosca su iniziativa degli Usa, dopo che i rispettivi capi di Stato maggiore si sono sentiti stasera. E sempre sabato è prevista anche una nuova telefonata tra il leader del Cremlino e il presidente francese Emmanuel Macron. Scambi sollecitati dall’imminenza dei possibili piani di invasione russi. Secondo fonti della Cia, citate da der Spiegel, gli americani avrebbero avvertito gli alleati di ritenere che l’aggressione militare potrebbe avvenire mercoledì prossimo.
Il presidente Usa ha chiamato un summit virtuale con le principali capitali - Londra, Berlino, Parigi, Roma, Varsavia più Ue e Nato - per fare il punto della situazione. E stando ai risultati, la situazione pare avvitarsi. I leader occidentali, spiega la Casa Bianca, si sono detti «d’accordo sull’importanza di sforzi coordinati per scoraggiare un’ulteriore aggressione della Russia contro l’Ucraina».

Dopo la richiesta di Biden ai propri connazionali di lasciare “immediatamente» l’Ucraina, a ruota sono seguiti la Corea e il Giappone, la Gran Bretagna e la Lettonia. Israele ha richiamato lo staff diplomatico e persino l’Ue, finora prudente, ha suggerito al personale «non essenziale» delle sue missioni di lavorare da remoto «al di fuori dei confini» del Paese. Sviluppi repentini che fanno salire l’allarme. I rischi che l’Ucraina sta correndo d’altra parte non si limitano al conflitto militare di tipo classico - compresa «un’invasione in piena regola» con tanto di bombardamenti aerei iniziali paventati ancora dalla Casa Bianca - ma sarebbero ben più sfumati e non per questo meno insidiosi. Come degli attacchi «ibridi» o «cibernetici». O persino un «golpe» che porti alla caduta del governo in carica. A tracciare il nuovo perimetro del pericolo è stato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Che dalla Romania - dove ha accolto presso la base di Costanza 1.000 soldati Usa di rinforzo - ha avvertito: «Nel territorio ucraino agiscono molti agenti dell’intelligence russa». Mosca, insomma, potrebbe avere in serbo un piano alquanto sinistro per spezzare il nodo gordiano dell’ingresso di Kiev nell’Alleanza.

L’avvertimento lanciato da Stoltenberg è rilevante perché, in quel caso, la strategia di risposta occidentale andrebbe in crisi. In Europa, ad esempio, non solo si sta trattando forsennatamente per arrivare a un pacchetto di sanzioni ‘con i dentì, ma ci si sta accapigliando - assicurano fonti diplomatiche europee - pure sul tema, fondamentale, “dell’innesco». Insomma, che deve fare il Cremlino per far scattare il fuoco di sbarramento Ue? «Francia, Germania e Italia optano per gli scarponi sul terreno e nulla di più, mentre alcuni Paesi dell’Est vogliono includere altri scenari», assicurano le fonti. Quindi che accadrebbe nel caso di un colpo di Stato eterodiretto da Mosca, ma senza un solo soldato dell’ex armata rossa al di là della frontiera? Nessuno lo sa, al momento. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a summit ultimato, ha assicurato che è stata affrontata la «dettagliata cooperazione per la finalizzazione del pacchetto di sanzioni in caso di ulteriore aggressione da parte della Russia» e che le misure potrebbero riguardare «i settori della finanza e dell’energia come anche l’export di prodotti hi-tech». Berlino conferma e promette «sanzioni drastiche» se ci sarà l’invasione.

La riunione del formato Normandia di giovedì - al livello dei consiglieri politici - è andata malissimo e Kiev, dopo dieci ore di negoziati, per l’ennesima volta si è rifiutata di trattare direttamente con le repubbliche separatiste «perché così la Russia non sarebbe più parte in causa». Il nodo sta lì: il Cremlino vuole che l’Ucraina accetti le trattative dirette con le repubbliche autoproclamate del Donbass.

La tensione quindi resta, mai così alta. I soldati russi rimangono dove sono, gli Alleati rinforzano il fianco est e quasi sicuramente la settimana prossima invieranno nuove truppe nel Mar Nero, definito da Stoltenberg come «strategico», il brusio diplomatico rimane assordante (un Consiglio atlantico della Nato potrebbe essere convocato nelle prossime ore) e l’Ucraina cerca di divincolarsi dal suo destino di bella statuina, rifiutando ogni ipotesi di «finlandizzazione», pure sussurrata dai francesi in questi giorni. Allora spariglia, come può. Ad esempio attivando «il meccanismo di riduzione del rischio» previsto dal Trattato di Vienna, che obbliga la Russia (firmataria) a «fornire spiegazioni dettagliate sulle attività militari nelle zone adiacenti al territorio ucraino». Mosca a questo punto deve (dovrebbe) rispondere entro 48 ore. Se non lo fa, Kiev chiederà ai Paesi del trattato di convocare «una riunione straordinaria» per obbligare la Russia a condividere le informazioni.

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