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Renzi al Quirinale, Mattarella congela le dimissioni: "Prima si approvi la manovra"

ROMA. Mezz'ora di colloquio al Quirinale in cui il premier Matteo Renzi ha confermato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella l'intenzione di rassegnare le dimissioni dopo l'esito della consultazione referendaria che ha bocciato le riforme costituzionali.

Una decisione che il presidente del Consiglio aveva già annunciato nella notte quando ormai il responso delle urne era chiaro ma che formalmente saranno rese ufficiali una volta che si concluderà l'iter in Parlamento della legge di stabilità. La richiesta arrivata dal Quirinale infatti è quella di "soprassedere" per ora alle dimissioni tenendo in considerazione "la necessità di completare l'iter parlamentare di approvazione della legge di bilancio onde scongiurare i rischi di esercizio provvisorio".

L'intenzione del Capo del governo era quella di lasciare il suo incarico subito. E proprio Renzi ne avrebbe parlato in un primo faccia a faccia con il presidente della Repubblica questa mattina in un colloquio informale durato oltre un'ora. Da parte di Mattarella ci sarebbe stata invece la richiesta di formalizzare le dimissioni a conclusione dell'iter della manovra economica.

L'obiettivo è quello di chiudere in tempi rapidi, ecco perchè per domani il presidente del Senato Pietro Grasso ha in programma una conferenza dei capigruppo proprio per discutere il percorso "sprint" della legge di stabilità. Si lavora per trovare un accordo con le opposizioni ed arrivare entro venerdì al via libera del testo senza modifiche in modo che non ci sia l'obbligo di un ulteriore passaggio alla Camera.

La possibilità di raggiungere però un'intesa globale, almeno per il momento, appare difficile. Al netto infatti del Movimento Cinque Stelle, che sarebbe disposto ad evitare barricate se si procedesse senza la fiducia, il centrodestra e Sinistra Italiana invece annunciano battaglia: "Le strane ipotesi su un possibile congelamento della crisi del governo Renzi, con l'approvazione accelerata della legge di bilancio grazie addirittura a cosiddette "fiducie tecniche", sono del tutto impraticabili", mettono in chiaro i capigruppo azzurri Paolo Romani e Renato Brunetta che si dicono pronti a discutere solo se dalla manovra venissero "stralciate tutte quelle parti che riguardano piccoli e grandi finanziamenti di mero sapore elettorale che oggi compongono il testo della legge all'esame del Senato".

Sulla stessa linea anche la sinistra che parla di "errore" il dover "immaginare di chiudere in modo affrettato l'iter parlamentare della legge di bilancio". Legge di Stabilità a parte, l'altro capitolo che Renzi si appresta ad affrontare riguarda il Partito Democratico. La direzione del Pd inizialmente prevista per domani è stata spostata a mercoledì. L'occasione servirà non solo per fare un'analisi di quanto accaduto ma anche per capire quali saranno le mosse future.

"Non credo che Renzi si dimetterà da segretario", dice Massimo D'Alema convinto che il leader Dem avrebbe dovuto lasciare il suo incarico dopo il risultato delle amministrative. A smentire l'ipotesi che il capo del governo possa lasciare la guida del Pd è il capogruppo alla Camera Ettore Rosato: "Il partito vuole che continui a fare il suo lavoro".

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