Cagliari e la Sardegna intera si sono fermate per dare l’ultimo saluto al loro più celebre «conterraneo», Gigi Riva, che sardo di nascita non era ma lo è diventato, forse più di tutti, vivendo sull’isola per 60 anni e stringendo col popolo sardo un legame indissolubile da quel giorno che rifiutò la cessione alla Juventus. Ultima bandiera di un calcio che non c’è più.
In 30 mila davanti alla basilica di Bonaria per i funerali, in tantissimi davanti alla tv o per le dirette streaming da tutta Italia. La Sardegna intanto si è fermata, nel giorno del lutto regionale. Bandiere dei Quattro mori a mezz’asta negli edifici pubblici, tante le serrande abbassate in segno di lutto a Cagliari e non solo. A far loro eco, la bandiera italiana a mezz’asta a Zurigo, nella sede Fifa, e a Roma, in quella della Federcalcio.
La fila per un posto vicino alla Basilica era iniziata di prima mattina. Alla fine si conteranno nel piazzale antistante, di fronte a due maxischermi, circa 30 mila persone, giunte da ogni angolo della Sardegna, e anche dalla penisola. E c’era tutto il suo mondo per la messa celebrata dall’arcivescovo Giuseppe Baturi. La compagna di una vita Gianna, i figli Nicola e Mauro, le adorate nipoti. Le autorità locali in prima fila, dal sindaco Truzzu al governatore Solinas, poi il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, il ct Luciano Spalletti, il team manager Gigi Buffon, il presidente del Coni Giovanni Malagò, il ministro dello Sport Andrea Abodi. Con loro anche Cannavaro, capitano dell’Italia campione nel 2006 con Riva team manager, Peruzzi, Perrotta, Albertini, Zola, Selvaggi, De Sisti e naturalmente i compagni di quello storico scudetto: Tomasini, Brugnera, Greatti, Reginato e tanti altri rossoblù che giocarono con lui sino a quel maledetto primo febbraio 1976, giorno dell’ultimo, fatale infortunio. Sulla bara, due maglie numero 11, Cagliari e Nazionale, che Riva ha portato cucite sul cuore.
«Eroi come Riva non smetteranno mai di esserci vicini - aveva detto Spalletti poco prima alla camera ardente - lui aveva questa grande qualità di essere umile e perbene. Aveva la caratteristica di essere un protagonista senza voler attrarre i riflettori su di se. Per lui erano importanti i suoi cari, gli amici». Per il ministro Abodi «Riva ha profonde radici nel passato, nel presente e che vogliamo proiettare nel futuro. Io credo che il calcio non possa permettersi di abbandonare lo spirito che ha incarnato Gigi Riva e che credo sia apprezzato da tutti i tifosi di calcio di qualunque maglia e da tutti gli sportivi».
«Faccio fatica a trovare qualcuno che, nel mondo dello sport, sia stato più integerrimo di lui da tutti i punti di vista. Poi qualcuno dice “erano altri tempi”, ma io penso che lui oggi, ma anche tra mille anni, sarebbe stato comunque così», ha detto Malagò.
Monsignor Baturi, nella sua omelia, ha ricordato gli aspetti della storia umana e professionale di Riva. «Dopo la rovesciata di Vicenza o il sinistro di Città del Messico, quell’esultanza spontanea, come tutti noi da bambini, a braccia alzate, guardando il cielo e correndo incontro all’abbraccio dei compagni. Corri di nuovo, caro Gigi, e tendi ancora quelle tue lunghe braccia al cielo, corri e guarda in alto».
Anche la folla all’esterno della basilica ascoltava in religioso silenzio, sino allo scrosciante applauso finale, quando Nicola, il figlio maggiore, ha voluto ringraziare tutti sottolineando che alla camera ardente «quando le persone piangevano e ci facevano le condoglianze ero io che volevo farle a loro, perché non è andato via solo il nostro papà, ma un familiare di tanti sardi e di tante persone che gli volevano bene».
All’uscita del feretro un lungo applauso ha salutato il Mito, sulle note della canzone di Piero Marras «Quando Gigi Riva tornerà». A reggere la bara anche Buffon, Cannavaro e Zola, con dietro tutta la squadra del Cagliari, capitanata da Ranieri. Dalla folla è salito il coro «Gigi, Gigi». Poi è partito il commovente coro dei tifosi con la sciarpata degli ultras. «Un Gigi Riva, c’è solo un Gigi Riva» hanno cantato prima che la bara fosse depositata sull’auto diretta al cimitero monumentale di Bonaria per la sepoltura.
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