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Americani e inglesi hanno un piano per fare scappare Zelensky o per sostituirlo

Zelensky (al centro) il giorno della firma della richiesta dell'adesione all'Ue: nella foto è con il primo ministro Denys Shmyhal (a destra) e con lo speaker del Parlamento Ruslan Stefanchuk (a sinistra), che potrebbe sostituire il presidente se questi dovesse essere catturato o ucciso

Le forze speciali americane e britanniche sono pronte ad evacuare il presidente ucraino se lo richiedesse, mentre gli Usa e gli alleati lavorano per un governo ucraino in esilio e studiano la linea di successione nel caso Volodymiyr Zelensky fosse catturato o ucciso dai russi. Washington intanto corteggia il presidente venezuelano Nicolas Maduro perché scarichi Vladimir Putin, allettandolo con la revoca delle sanzioni per potere tornare a vendere il petrolio agli occidentali anche in vista di un bando del greggio russo.

La base militare in Lituania

Secondo i media del Regno Unito, 150 Navy Seals americani, 70 soldati dell’élite britannica e alcune forze speciali di Kiev sono in una remota base militare in Lituania per studiare il piano di salvataggio di Zelensky, che si è definito, ed è considerato da tutti, il «bersaglio numero uno» dei russi. Finora però il leader ucraino ha coraggiosamente rifiutato di lasciare la capitale e continua a guidare eroicamente la resistenza dal suo bunker segreto. «Mi servono armi, non un passaggio», aveva spiegato alcuni giorni fa. Washington e gli alleati sono pronti a sostenere un suo governo in esilio, nella parte occidentale del Paese, in Polonia o in Romania, ma si preparano ad ogni evenienza, cercando di individuare il successore per evitare dispute interne che indebolirebbero il Paese.

L'ipotesi di una successione

In base alla costituzione, ad assumere i poteri provvisoriamente dovrebbe essere lo speaker del Parlamento, Ruslan Stefanchuk, filo occidentale e fedelissimo del presidente (di cui è stato collaboratore). Anche lui però resiste all’idea di essere evacuato. Washington ha comunque consigliato ai più alti dirigenti in linea di successione di non restare nello stesso posto per lunghi periodi e di privilegiare luoghi più sicuri fuori della capitale. La preoccupazione principale è garantire l’esistenza di un governo ucraino indipendente nel caso in cui i russi instaurassero un esecutivo fantoccio, resuscitando l’ex premier Viktor Yanukovic - cacciato dalla rivoluzione filo occidentale del Maidan - o l’oligarca Viktor Medvedchuk, leader del partito «Piattaforma di opposizione» e padrino di una figlia di Putin. In tal caso sarebbe più facile non solo minare la nuova leadership filorussa ma anche continuare a fornire aiuti militari ed economici, superando problemi pratici e legali. Soprattutto se sarà necessario sostenere una guerriglia urbana a lungo termine.

Il petrolio del Venezuela

Per capire quanto gli Usa siano determinati a isolare lo «zar», va segnalato il viaggio di una delegazione di dirigenti della Casa Bianca e del dipartimento di Stato da Maduro, dopo che tre anni fa Washington aveva tagliato i rapporti diplomatici per le frodi elettorali della sua rielezione, imposto sanzioni e riconosciuto il suo antagonista Juan Guaidó. Da allora il leader venezuelano aveva guardato a Russia, Iran e Cina. Ma ora intravede la possibilità di tornare a vendere il suo petrolio al mercato occidentale, come ha già anticipato giovedì: «È a disposizione di chiunque voglia produrlo o acquistarlo, che si tratti di un investitore dall’Asia, dall’Europa o dagli Stati Uniti». Maduro e altri alleati russi dell’America Latina, come Cuba e Nicaragua, avevano già cominciato a distanziarsi dall’invasione russa, anche in sede Onu, astenendosi o non votando le risoluzioni contro Mosca. Per Washington si tratta anche di disinnescare una ulteriore minaccia russa, dopo che Putin aveva minacciato di piazzare asset militari in Venezuela e a Cuba.

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