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Ucraina: niente evacuazione di civili da Mariupol, scambio di accuse con Putin

A undici giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, proseguono i bombardamenti di varie città del Paese e fallisce per la seconda volta in 48 ore l’apertura di corridoi umanitari per evacuare i civili dalla citta portuaria di Mariupol, dove secondo la Croce Rossa «la gente vive nel terrore». E malgrado il susseguirsi di appelli e mediazioni da parte di leader del mondo intero il presidente russo Vladimir Putin sembra deciso ad andare avanti comunque, condizionando ogni sospensione delle ostilità al conseguimento degli obiettivi che lui stesso ha annunciato per giustificare le sue «operazioni militari». Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è tornato a chiedere appoggio militare ai leader dell’Occidente, avvertendo che se non gli verrà dato vuol dire che «anche voi volete che ci uccidano lentamente». Ma dopo il no della Nato alla richiesta di una no-fly zone, oggi la Polonia ha chiarito che non manderà i suoi jet in Ucraina e non consentirà di usare i suoi aeroporti.
Nell’informare della nuova sospensione del corridoio umanitario a Mariupl, la Croce Rossa parla di «scene devastanti di sofferenza umana» e denuncia che le parti non si sono messe d’accordo sulle misure per evacuare circa 200mila persone. Putin, da parte sua, sostiene che è stato il governo di Kiev che ha impedito l’operazione. Una deputata ucraina denuncia che i russi hanno danneggiato il gasdotto Donetsk-Mariupol, lasciando oltre 700mila persone senza riscaldamento, con temperature sotto lo zero.
La situazione umanitaria in Ucrania peggiora di giorno in giorno: secondo l’Unhcr sono più di 1,5 milioni i rifugiati che sono fuggiti dall’inizio dell’invasione, in quella che è «la crisi di profughi più veloce in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale». Nuovo record di rifugiati in Polonia: in 24 ore ne sono arrivati 129mila. In Italia il totale degli arriva supera i 14mila, oltre 3mila nelle ultime 24 ore, principalmente donne e bambini.
Si moltiplicano i contatti politici e diplomatici per cercare almeno di fermate le ostilità, in vista di una soluzione negoziata, ma senza nessun risultato visibile. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha chiesto a Putin di «garantire il cessate il fuoco, aprire i corridoi umanitari e firmare il trattato di pace», ma il Cremlino ha risposto che le sue “operazioni militari» (a Mosca non si parla di «guerra”) saranno sospese solo se Kiev «cesserà le sue azioni militari», auspicando che nei prossimi colloqui bilaterali i delegati ucraini mostrino «un approccio più costruttivo che tenga pienamente conto della realtà esistente». Il presidente francese Emmanuel Macron parla per quasi due ore con Putin (la sua quarta telefonata dall’inizio della guerra) e lo trova «sempre molto determinato» nel raggiungimento dei suoi obiettivi, cioè la “denazificazione» e la «neutralizzazione» dell’Ucraina e il riconoscimento dell’annessione della Crimea e dell’indipendenza del Donbass. Tali obiettivi, secondo Putin, «se non saranno raggiunti con il negoziato lo saranno con le operazioni militari».
«In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime: non si tratta solo di un’operazione militare ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria». Così Papa Francesco oggi alla preghiera dell’Angelus in Vaticano, dove ha lanciato un nuovo appello per la pace ed ha assicurato che «la Santa Sede è disposta di fare del tutto, a mettersi in servizio per questa pace». «Faremo tutto quello che si può», ha detto da parte sua il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a don Marco Yaroslav Semehen, sacerdote e presidente dell’Associazione religiosa Santa Sofia per i cattolici ucraini, con sede nella la Basilica di Santa Sofia, dove il capo dello Stato ha partecipato alla messa all’aperto, celebrata sul sagrato della chiesa.
In Russia, nel frattempo, almeno 4.300 persone sono state arrestate oggi mentre protestavano contro l’invasione dell’Ucraina in circa 50 città del Paese. Questo bilancio è stato reso noto dall’ong Ovd-Info, specializzata nel monitoraggio delle manifestazioni. Dal 24 febbraio, data di inizio dell’invasione, nel Paese sono stati arrestati quasi 11mila manifestanti. L’oppositore Alexei Navalny ha lanciato dal carcere un appello ai suoi compatrioti affinché scendano ogni giorno in piazza per chiedere la pace.
E mentre l’agenzia Moody’s ha tagliato il rating sul debito sovrano della Russia da B3 a Ca, giudizio che indica un titolo “altamente speculativo e probabile, a breve termine, di finire in default», con un outlook negativo, il ministero delle Finanze russo ha annunciato che «onorerà completamente e nei tempi previsti gli obblighi in materia di servizio e ritiro dei titoli di Stato della Federazione Russa».

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