Vigilia densa di incognite per la prima votazione del Presidente della Repubblica. Il travagliato passo indietro di Silvio Berlusconi, che ieri ha sciolto la riserva dopo aver lasciato per giorni gli alleati appesi al suo pallottoliere, sgombra solo in parte il tavolo delle trattative parlamentari. Sia nel centrodestra - dove sono emerse profonde divergenze sulle sorti della legislatura - sia nel centrosinistra, che fatica a trovare una linea unitaria ed è orientato a prendere tempo, proponendo per le prime votazioni il «candidato di bandiera» Andrea Riccardi, ex ministro del governo Monti e fondatore della comunità di Sant'Egidio.
Un nome tutt'altro che condiviso dagli avversari e destinato a cedere il passo a un’intesa ancora in fieri. Perché in queste ore, dietro le prese di posizione ufficiali che emergono dai vari vertici, continuano ad accavallarsi colloqui, contatti informali e segnali di fumo in un incessante attivismo trasversale che non investe solo il Quirinale. La partita è legata a doppio filo alla sopravvivenza della legislatura (solo Fdi spinge per il voto anticipato): con il governo in carica, o con un altro da costruire se il premier, Mario Draghi, venisse eletto. Prospettiva che nei mesi scorsi era data per altamente probabile, ma che negli ultimi giorni si è ridimensionata. Fino a incontrare il veto dell'ormai non più candidato Silvio Berlusconi («Draghi deve rimanere al suo posto, si completi l’opera con l’attuale governo») e l'indisponibilità di alcuni settori di M5s, Pd e gruppo misto. Quella soluzione, però, non è certo tramontata: potrebbe recuperare quota se non decollasse l’accordo su uno degli altri nomi in circolazione. Oppure, secondo auspici ancora diffusi, se Sergio Mattarella non si risolvesse ad accettare un implorato bis al Colle.
Di sicuro, la ricerca di un nome condiviso sta scontando rigidità su entrambi i fronti, peraltro non compatti al loro interno. Il leader della Lega Matteo Salvini, rivendica la proposta di una personalità di centrodestra, ma gli avversari, al netto di Matteo Renzi, continuano a contestare un «diritto di prelazione» non suffragato dai numeri. Tra indiscrezioni e smentite, nella rosa delle trattative ci sarebbero Pierferdinando Casini e Giuliano Amato, in grado di raccogliere consensi non unitari, ma sufficientemente trasversali.
Fuori dai trascorsi propriamente politici si colloca invece Elisabetta Belloni, una carriera alla Farnesina. Stimata da tutti, ha collaborato con ministri politici di tutti gli schieramenti, senza mai schierarsi. Lo scorso maggio è stata nominata da Draghi direttore generale del dipartimento delle Informazioni per la sicurezza. È la prima donna a capo degli 007 italiani.
Ma oltre alla scelta per il Quirinale è il «patto di legislatura» l’altra partita che sta impegnando le forze politiche, in un puzzle di tessere tutte da incastrare. Soprattutto se la maggioranza che eleggerà il Presidente della Repubblica sarà diversa da quella dell’attuale governo, con o senza Draghi al Colle.
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