Ufficialmente le danze si aprono lunedì 24 gennaio alle 15. Ma è da mesi che l’elezione del prossimo presidente della Repubblica tiene banco tra i gruppi politici e orienta, almeno in parte, perfino le scelte parlamentari. È un copione che si ripete da oltre settant'anni, con tutto il carico di pressioni, strategie e tatticismi che lo accompagna. A cominciare dalla circolazione di nomi più o meno papabili che si intensifica con l’avvicinarsi delle votazioni e che si è spesso rivelata funzionale a «bruciare» i candidati, più che a promuoverli sul serio. La storia delle elezioni presidenziali, a questo riguardo, è piena di casi emblematici e colpi di scena. Ma raramente, in passato, il Parlamento si è ritrovato diviso come ora, e con leader non tutti in grado di controllare il voto dei rispettivi gruppi. Lo spettro dei franchi tiratori, insomma, imperversa più che mai in un’assemblea in cui, peraltro, la schiera dei cosiddetti cani sciolti dei gruppi misti si è ingrossata sensibilmente nel corso della legislatura (sono un’ottantina i non iscritti ad alcuna componente).
Come da tradizione, comunque, il toto-nomi impazza, e vede in cima alla lista almeno due personalità: il premier, Mario Draghi, che sarebbe il primo inquilino a trasferirsi dal Palazzo Chigi al Quirinale, e Silvio Berlusconi, la cui candidatura non è ufficiale, ma ampiamente data per disponibile dall’interessato che potrebbe essere il secondo leader eletto al Colle dopo Giuseppe Saragat.
Negli ultimi giorni, su iniziativa del M5S e non solo, è tornato nella girandola anche il nome di Sergio Mattarella, nonostante la sua dichiarata riluttanza a prestarsi per il bis. Nessun segnale, invece, da Giuliano Amato, attuale giudice costituzionale, il cui nome gira intorno al Quirinale da almeno vent'anni a questa parte.
Massimo riserbo e basso profilo sono certamente regole auree di ogni aspirante candidato che lascia circolare il proprio nome con noncuranza. È il caso di una folta schiera di politici che assiste con apparente distacco al proprio coinvolgimento nei dibattiti mediatici. Tra le donne, spesso evocate nelle ultime tornate e anche questa volta, spiccano il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, Emma Bonino, Rosy Bindi, Paola Severino, Letizia Moratti.
Tra gli uomini, oltre a Pierferdinando Casini, in predicato da mesi, si parla del commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, del ministro della Cultura, Dario Franceschini. I bookmaker che stanno scommettendo sui siti dedicati danno per favorito Draghi, ma riservano qualche chance anche a Pietro Grasso, Pier Luigi Bersani, Romano Prodi, Marcello Pera e Gianni Letta.
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