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Il terremoto in Turchia e Siria: si contano già più di settemila morti

Ha superato i 7 mila morti, oltre a decine di migliaia di feriti e un numero imprecisato di dispersi il bilancio provvisorio del devastante sisma, che ieri ha scosso Turchia e Siria: sono le tragiche cifre, secondo gli ultimi aggiornamenti, a più di 24 ore ore dalla prima delle tre scosse, di magnitudo 7,8, avvertite fino al Libano, a Cipro e all’Iraq settentrionale.

In Turchia, secondo il vicepresidente Fuat Oktay, le condizioni meteorologiche avverse stanno ostacolando gli sforzi per portare aiuti in alcune delle regioni colpite. È una corsa contro il tempo e il freddo quella andata in scena la scorsa notte in Turchia e nel nord della Siria per estrarre i sopravvissuti. I soccorritori stanno lottando al freddo, sotto la pioggia battente e la neve, a volte a mani nude, per salvare ogni possibile vita, come la bambina di sette anni che è emersa dalle rovine di Hatay (sud), al confine con la Siria, con il pigiama inzuppato di polvere, 20 ore dopo il terremoto.
Il maltempo che incombe sull'Anatolia complica il compito dei soccorritori e rende ancora più amaro il destino dei sopravvissuti, che tremano sotto le tende o attorno a bracieri improvvisati.
Gli aiuti internazionali alla Turchia stanno già arrivando con le prime squadre di soccorritori, in particolare dalla Francia e dal Qatar. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha promesso al suo omologo Recep Tayyip Erdogan «tutto l’aiuto necessario». Secondo il presidente turco, 45 Paesi hanno offerto il loro aiuto.

In Siria, l’appello lanciato dalle autorità di Damasco è stato ascoltato soprattutto dall’alleato russo, che ha promesso squadre di soccorso «nelle prossime ore», mentre più di 300 soldati russi sarebbero già sul posto per aiutare nei soccorsi. Anche l’Onu ha risposto, ma ha insistito sul fatto che gli aiuti saranno forniti «a tutti i siriani in tutto il Paese». Alcune aree non sono sotto il controllo del governo. In queste aree controllate dai ribelli e confinanti con la Turchia, nella Siria nord-occidentale, sono morte almeno 700 persone.

Approfittando del caos creato dal terremoto, circa 20 presunti combattenti dello Stato Islamico (Isis) sono fuggiti da una prigione militare a Rajo, controllata dai ribelli filo-turchi. Il bilancio su entrambi i lati del confine è in costante aumento e, data l’entità dei danni, si prevede che aumenterà con il proseguire delle ricerche. Solo in Turchia, le autorità hanno contato quasi cinquemila edifici crollati. Il drastico calo della temperatura espone i feriti intrappolati nelle rovine a un ulteriore rischio di ipotermia. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato di aspettarsi il peggio e di temere «un numero di morti otto volte superiore a quelli iniziali». Le autorità locali hanno aperto dormitori in palestre, scuole o persino moschee per ospitare i sopravvissuti. Ma per paura di altri terremoti, molti abitanti hanno preferito passare la notte all’aperto, come a Sanliurfa, nel sud-est della Turchia.

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