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La questione morale agita il Pd siciliano, scontro sul veto di Chinnici sulle candidature

Caterina Chinnici e Anthony Barbagallo

Non bastavano le tensioni con il Movimento 5 Stelle: lo scontro dentro il Partito democratico ormai si è ufficialmente allargato anche alla questione morale. Caterina Chinnici, candidata alla presidenza della Regione Sicilia, ha posto il veto sulle candidature di tre presunti «impresentabili». Ovvero di coloro che sono stati rinviati a giudizio.

I veti per gli «impresentabili»

Nel mirino dell’europarlamentare sono finiti tre big del Pd. Giuseppe Lupo, storico dirigente del partito e in passato anche segretario regionale, è l’attuale capogruppo dei Dem all’Assemblea siciliana, dove è alla sua terza legislatura. Alle recenti amministrative di Palermo è stato eletto consigliere comunale e il partito l’ha candidato nonostante il rinvio a giudizio di tre anni fa per una presunta corruzione nell’ambito dell’inchiesta Saguto. Per questa vicenda era stato inserito tra gli «impresentabili» dalla commissione nazionale Antimafia. Chinnici ha chiesto ai partiti che la sostengono di non candidare nemmeno Angelo Villari e Luigi Bosco, entrambi imputati a Catania. Una questione spinosa che sta creando più di un imbarazzo al segretario Anthony Barbagallo, tant’è che la Direzione regionale del partito è stata spostata di ulteriori 24 ore, a domani, alle ore 18.

Il giurista: le candidature non spettano a pm

Una questione delicata ma che sul profilo strettamente giuridico sarebbe di semplice soluzione. Almeno secondo il professor Guido Corso: «La materia è regolata solo dalla legge che è prioritaria rispetto a eventuali principi stabiliti da statuti o codici etici dei partiti, ma anche in questo caso non c’è alcuno motivo per escludere Giuseppe Lupo. Del resto se guardiamo alle politiche, il Pd ha candidato nuovamente Piero Fassino, che è a giudizio, e mi pare che ci siano altri casi come quello del figlio del governatore De Luca in Campania. A livello nazionale dunque non è stato adottato il criterio che si vuole imporre in Sicilia, come se i siciliani fossero cittadini di serie B». «Chinnici sa benissimo che la Costituzione sancisce il diritto all’elettorato passivo e solo la legge stabilisce i requisiti e indica fatti e presupposti per l’incandidabilità - aggiunge il giurista - Purtroppo dagli anni Novanta vige una cultura giustizialista, ora stiamo andando persino oltre. L’Italia è una anomalia. A parte il discorso sulla presunzione d’innocenza, è inimmaginabile che si prefiguri la colpevolezza senza una condanna: tutto questo è offensivo per i siciliani oltre che illegittimo sotto tanti profili». Quindi la chiosa: «Caterina Chinnici è un magistrato e conosce benissimo la materia, quanto sta accadendo è in contraddizione con la cultura giuridica, democratica e liberale».

Fava: no alla deriva giustizialista

E anche l’alleato Claudio Fava della lista «Centopassi per la Sicilia» si mostra contrario alla paventata esclusione dalle liste dei tre esponenti Pd. «Non entro, per dovuto rispetto, nel merito della lista del Partito democratico - dice - , ma mi sembra sproporzionato e irrituale il veto posto da Caterina Chinnici alle candidature di Lupo, Bosco e Villari. Se per essere messi fuori da una campagna elettorale basta un procedimento penale in corso per reati minori, il rischio di una deriva frettolosamente giustizialista diventa reale ed umiliante per tutti».

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