Il primo scrutinio per l’elezione del Capo dello Stato si terrà senza intesa tra i partiti e con l'unica certezza, salvo sorprese, che nelle urne finiranno molte schede bianche. La domenica di vigilia si consuma tra mosse tattiche, incontri, telefonate e veti incrociati.
Il centrodestra naviga a vista
Dopo l’uscita di scena di Silvio Berlusconi il centrodestra naviga a vista. La rosa di nomi annunciata da Matteo Salvini ancora non c'è anche se l’ex ministro fa sapere, dopo aver informato il Cavaliere, di essere al lavoro per candidature sulla cui «levatura difficilmente qualcuno potrà porre veti». Le carte sono ancora coperte ma Salvini su due punti appare irremovibile: «Togliere Draghi da Palazzo Chigi è pericoloso» e poi «Pier Ferdinando Casini non è un candidato del centrodestra». Un doppio messaggio che il leader della Lega recapita al premier Mario Draghi ed al resto delle forze politiche che sul nome dell’ex presidente della Camera sembrano avere aperto qualche spiraglio. Uno stallo che per ora non si supera, tanto che l’incontro tra il segretario della Lega ed Enrico Letta resta in stand by. I due potrebbero vedersi nelle prossime ore anche se al momento le posizioni restano lontane.
La strategia del centrosinistra
In attesa delle proposte del centrodestra, Pd-M5s e Leu si ritrovano a conclave per mettere a punto la strategia,. Un nuovo incontro è in programma in mattinata ma Letta, Conte e Speranza formalizzano intanto una proposta: un tavolo con tutte le forze politiche per arrivare ad un candidato condiviso. Nessun nome viene reso noto anche se il Pd individua nel fondatore della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi «il profilo di presidente ideale». Letta, che prima riunisce i ministri dem e poi tutti i grandi elettori del Pd, prova a dare anche un timing sull'elezione del successore di Mattarella: tra martedì e mercoledì si arriverà ad una candidatura condivisa. Ma sui nomi troppo vicini allo schieramento avversario, il leader Dem alza il muro: «Ulteriori candidature di centrodestra faranno la stessa fine di quella di Berlusconi. È il metodo che era sbagliato».
Renzi alla finestra
Alla finestra c'è Matteo Renzi. Il leader di Iv invita alla calma «adesso siamo ai tatticismo esasperato», ma non esclude dalla corsa né Mario Draghi né l’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini a differenza di Riccardi che a suo giudizio «non ha chance». Sul capo del governo però Renzi è netto: «Al Quirinale non si va contro i partiti. Penso che la candidatura di Draghi, ammesso che abbia una propria strategia, possa stare in piedi solo che abbia questo elemento politico. Al Quirinale ci vai soltanto con un’iniziativa politica».
Il confronto fra i Cinquestelle
L’ipotesi di Draghi al Colle fa discutere anche il Movimento. Dopo i dubbi all’idea che il capo del governo traslochi al Quirinale fatti trapelare ieri dalla riunione della cabina di regia presieduta da Conte, a riavvolgere il nastro è proprio l’ex premier: «Noi facciamo proposte, non poniamo veti». Ma un confronto tra i Cinquestelle più approfondito sul tema è previsto nel corso dell’assemblea congiunta.
Azione e la carta... Cartabia
Chi sembra avere le idee chiare è il leader di Azione Carlo Calenda che insiste sulla candidatura di Marta Cartabia: «PD-5S “ragionano su Riccardi”, Renzi “ragiona su Casini”, la destra, dopo il ritiro di Berlusconi, non ragiona. Eppure c'è una figura perfetta per il ruolo di Presidente della Repubblica. È stata Presidente della Corte ed è Ministro della giustizia; è persona equilibrata e sopra le parti: Marta Cartabia».
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