In attesa della fiducia del Parlamento, che appare scontata, si può affermare che il governo Draghi è nato. Sono tanti i politici così come le conferme. Ma appare chiaro che ai tecnici vanno tutti i ministeri chiave.
Nessuna trattativa estenuante con le forze politiche: la composizione dell'esecutivo è una partita che l'ex numero uno della Bce ha giocato solo affidandosi ai consigli del Colle, come Costituzione vuole. Ciò non toglie che ci sia voluto ugualmente un complesso lavoro di cesello per trovare i giusti equilibri.
Ora manca il giuramento, in agenda alle 12, e poi si terrà il primo Consiglio dei ministri. A metà settimana toccherà infine alle Camere votare la fiducia, si comincia mercoledì al Senato, e a quel punto inizierà la corsa contro il tempo.
I MINISTERI CHIAVE AI TECNICI
L'emergenza sanitaria, economica e sociale - lo ha detto Draghi accettando l'incarico il 3 febbraio - sono le priorità: i temi si intrecciano e molto passerà per il Recovery plan. Che sarà rivisto e reso operativo lavorando fianco a fianco con il sottosegretario alla presidenza Garofoli ma soprattutto con il nuovo ministro dell'Economia e il ministro per la Transizione energetica, che fonderà i temi ambientali e alcune competenze in materia energetica: e qui i nomi scelti, quello di Daniele Franco e Roberto Cingolani, sono fuori dal perimetro dei partiti. Il M5s viene dunque solo parzialmente accontentato: il contenitore chiesto da Beppe Grillo c'è ma alla guida non va un esponente del Movimento. "Lo abbiamo fortemente voluto", rivendica su Fb Luigi Di Maio (che viene confermato alla Farnesina) perché "questo è il governo della transizione ecologica".
Parla invece di una presa in giro Barbara Lezzi, tra le voci critiche dei 5s: "Il super ministero non c'è. Non abbiamo votato per questo".
Finisce sempre nelle mani di una 'tecnica' il ministero della Giustizia, tema particolarmente divisivo per i partiti che compongono la maggioranza: a guidare via Arenula sarà l'ex presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia. All'innovazione tecnologica e digitale va invece Colao.
GLI SCONTENTI
La telefonata ufficiale ai leader di partito arriva poco prima della salita al Quirinale, molti ministri apprendono di essere in squadra guardando la tv. Solo all'ultimo (ma contatti riservati con gli 'ambasciatori' ci sarebbero stati nei giorni scorsi) arrivano le telefonate a Matteo Salvini, Nicola Zingaretti, Silvio Berlusconi, Matteo Renzi. Ministri come Luigi Di Maio e Roberto Speranza avrebbero avuto la certezza solo alla lettura della lista.
Mario Draghi compone una squadra ad alto tasso politico: ci sono i partiti, ci sono le correnti. Ma ci sono molti scontenti, a testimoniare che non c'è stata vera contrattazione. La prospettiva appare di lunga durata: il premier tiene il polso del governo e, senza 'cancellare' la politica o il Parlamento, sceglie tra i politici molti ex ministri, per essere subito operativi.
Secondo alcuni, il pluralismo politico sarebbe un viatico anche per una eventuale futura elezione di Draghi alla presidenza della Repubblica. Ma in realtà la prima reazione alla lettura della lista fa trapelare malumori che sembrano preannunciare tutte le difficoltà a mettere insieme le sensibilità della larga maggioranza. Non solo, più di un partito lamenta deleghe poco 'pesanti'. Tra i delusi dall'esclusione si segnalano i 'contiani' e quei Cinquestelle che avevano combattuto Roberto Garofoli quando era al ministero dell'Economia e ora lo vedono approdare al ruolo chiave di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Mentre dal centrodestra - raccontano di una telefonata a tratti tesa anche tra Silvio Berlusconi e Draghi - emerge il malcontento di chi vede nei nomi scelti per Fi e Lega un'impronta anti-sovranista, che guarda apertamente ai moderati e al Ppe.
ORE CONVULSE
E' con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con cui i contatti sono costanti fin dall'assegnazione dell'incarico, che Draghi mette a punto la sua squadra. Secondo alcune fonti, le telefonate tra l'ex capo della Bce e il presidente sono numerose, per tutta la giornata. Marta Cartabia, ministro della Giustizia, è un nome proposto dal capo dello Stato al premier, che accetta il suggerimento di buon grado.
All'insegna della continuità, inoltre, Mattarella chiede la conferma dei ministri dell'Interno Luciana Lamorgese e della Difesa Lorenzo Guerini. Il capo dello Stato si è poi impegnato insieme a Draghi, a quanto si apprende in ambienti del Quirinale, sulla formazione dei ministeri che più appaiono una novità nell'esecutivo di Draghi: particolarmente complessa è infatti l'operazione di smembramento e accorpamento di competenze che porta alla nascita delle nuove deleghe alla Transizione ecologica e digitale. Per il resto, assicurano dal Colle, è stato Draghi a comporre 'l'incastro' di deleghe e nomi.
MATTARELLA
"Soddisfatto" ma con la piena consapevolezza che l'impegno del nuovo governo "sarà molto gravoso". Questo è lo stato d'animo di Sergio Mattarella al termine di queste intense giornate che lo hanno costretto ad essere protagonista della seconda crisi della legislatura. Una crisi che era apparsa subito gravissima al Quirinale, sin da quando Matteo Renzi iniziò a minacciare le dimissioni delle ministre di Italia Viva. Se si toglie un mattoncino c'è il rischio che crolli tutto, si sussurrava al Colle dove un presagio di realismo dominava la scena.
Ora c'è il Recovery da aggredire: su questo si è svolto il lavoro più duro del Quirinale. La componente tecnica dell'esecutivo Draghi è la vera novità di un governo tradizionalmente politico. Oggi il giuramento a poi tutti al lavoro. Questo sarà il mantra del premier scelto da Mattarella e questo è l'obiettivo di Mario Draghi, probabilmente per l'intera legislatura.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia