Il decreto Sicurezza Bis non riforma quello votato il 27 novembre scorso, ma lo integra. Le parti più discusse, oggi come allora, restano quelle legate all’immigrazione. Il ddl 840 del 2018 ha abrogato la "protezione per motivi umanitari", ha esteso il trattenimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio e previsto il trattenimento dei richiedenti asilo fino a 30 giorni nelle strutture di accoglienza.
Il focus dei primi 5 articoli del ddl 53 del 2019 è invece rivolto alle Organizzazioni non governative, come Open arms o Sea-Watch, e cerca di contrastarne l’operato con multe più severe, arresto del capitano e sequestro automatico delle imbarcazioni. Tutto questo avverrà se le imbarcazioni che abbiano raccolto dei migranti in acque internazionali, entreranno in acque italiane chiedendo di approdare nei nostri porti. Il decreto sicurezza bis non condanna ogni tipo di salvataggio di questo tipo, ma la recidiva, ovvero se questo tipo di interventi diventi sistematico da parte di alcune imbarcazioni, come quelle delle Ong.
Tenendo conto di queste variabili, d’ora in poi si potranno chiudere i porti, come prevede l’articolo 1 della versione bis del decreto, in caso di "favoreggiamento dell’immigrazione clandestina". Oltre al ministro dell’Interno, il blocco navale dovrà essere controfirmato anche dai responsabili della Difesa e delle Infrastrutture, mentre la presidenza del consiglio basterà che sia "informata". Le sanzioni per chi infrange il decreto sono molto alte: da 150mila a un milione di euro per il comandante, sanzione che ricadrà sull'armatore se il capitano non sia in grado di pagare l’intero ammontare della multa. Se poi chi è a capo delle navi opporrà resistenza, scatterà l’arresto e la nave verrà confiscata e portata nel porto più vicino. Una volta a terra, i migranti saranno gestiti secondo il primo decreto sicurezza.
Stesso iter anche per le 520 unità militari italiani che parteciperanno fino al 30 settembre alla missione Unavfor Med - Sophia, che prevede lo sbarco esclusivamente in Italia. Cui si affianca l’operazione Themis dell’Unione Europea, che opera nel Mediterraneo centrale assistendo l’Italia circa i flussi provenienti da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania, e che prevede espressamente che i migranti soccorsi devono essere fatti sbarcare nel porto più vicino al punto in cui è stato effettuato il salvataggio in mare, italiano o no.
Centrale nell’estensione dei poteri delle nostre forze dell’ordine è l’articolo 19, paragrafo 2, lettera g) della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) siglata in Giamaica a Montego Bay il 10 dicembre 1982 e resa esecutiva dall’Italia ben dodici anni dopo, il 2 dicembre 1994 con la legge 689. Tale convenzione considera come "pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato" costiero il passaggio di una nave straniera se, nel mare territoriale, la nave è impegnata, tra le altre, in un’attività di carico o scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti. Proprio quanto prevede il decreto sicurezza, ma l’Italia ha siglato anche la Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare (Convenzione Solas) del 12 novembre 1974, che obbliga il comandante di una nave, che sia in posizione tale da poter prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza. E anche la convenzione di Montego Bay dispone che ogni Stato esiga che il comandante di una nave che batte la sua bandiera presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita (articolo 98).
Il decreto prevede anche mezzo milione di euro per il 2019 per finanziare le operazioni di polizia, e due milioni e mezzo per i rimpatri, che costano in media 4.000 euro a persona. Il decreto si occupa anche di altro, a cominciare dall’articolo 8 che autorizza all’assunzione per il 2019 e 2020 di 800 persone da parte del ministero della Giustizia, per accelerare l’esecuzione delle sentenze penali di condanna. Nei restanti articoli fino al 18, il decreto si occupa anche delle manifestazioni in luogo pubblico, o aperte al pubblico.
D’ora in avanti sarà punito chiunque utilizzi razzi, fuochi artificiali, petardi od oggetti simili, nonchè facendo ricorso a mazze, bastoni o altri oggetti contundenti o comunque atti ad offendere. Punito anche l’uso di caschi o di qualsiasi altro dispositivo che renda irriconoscibile una persona, inasprite infine le pene per si renda responsabile di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale, resistenza a un pubblico ufficiale, violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti, devastazione e saccheggio, interruzione di ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità.
Infine, il questore potrà impedire l’accesso alle manifestazioni sportive a chiunque abbia denunce pendenti o abbia preso parte a episodi violenti, oppure abbia incitato o inneggiato alla violenza, anche all’estero. ITALPRESS
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