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Israele irrompe a Gaza, Netanyahu parla alla nazione: «Distruggeremo Hamas»

Anche in Cisgiordania scontri e morti. Preoccupa il fronte nord, che confina con il Libano: razzi da parte di Hezbollah e risposte dell’artiglieria dell'esercito

Un manifestante palestinese guida uno scooter davanti a pneumatici in fiamme durante gli scontri con i soldati israeliani nella città di Ramallah, nella Cisgiordania

Ad un passo dall’operazione di terra a Gaza, Israele ha già messo gli scarponi nella Striscia con azioni di commando, appoggiate dal cielo con attacchi aerei su vasta scala, nel tentativo di localizzare gli oltre 150 ostaggi portati nell’enclave palestinese. È un’azione dovuta, segnalano gli esperti militari, con l’obiettivo di impedire le possibili uccisioni dei rapiti quando scatterà l’invasione della Striscia, definita ormai «imminente» da più fonti.

«Quel sabato maledetto - ha detto in serata il premier Benyamin Netanyahu, parlando alla nazione per la prima volta durante lo shabbat - resterà scolpito nella storia di Israele. Non lo dimenticheremo. Stiamo colpendo i nostri nemici con una forza senza precedenti. Hanno appena iniziato a pagare il prezzo, non sanno cosa accadrà, è solo l’inizio. Distruggeremo e sradicheremo Hamas».

«La sorte degli ostaggi - ha comunque assicurato l’esercito - è una priorità assoluta. Abbiamo bisogno di informazioni attendibili, basate sulle nostre fonti». Quanto l’incursione dei commando sia servita a raccogliere prove sulla loro collocazione non si sa. La realtà sul campo è che l’ultimatum dato dall’esercito alla popolazione di Gaza nord di spostarsi verso sud ha accelerato tutto. Il messaggio dei militari è stato chiaro, con la richiesta di «evacuazione di tutti i civili di Gaza City dalle loro case per la loro sicurezza e lo spostamento nell’area a sud di Wadi Gaza», un corso d’acqua nei pressi della città. «Sarà permesso di tornare a Gaza City solo quando verrà fatto un altro annuncio che lo consentirà».

La strategia appare chiara: impedire ad Hamas di farsi scudo della popolazione civile ed entrare come prima mossa dal nord dell’enclave palestinese. Hamas - che nei giorni scorsi ha respinto ogni trattativa sui corridoi umanitari - ha reagito all’annuncio dell’esercito definendolo «propaganda». Poi è passata all’azione cominciando ad erigere posti di blocco e barriere per impedire agli abitanti di lasciare Gaza City. Nella parte nord della Striscia si è scatenato il caos, con migliaia di persone che si sono date alla fuga. La stessa Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, ha annunciato di aver spostato a sud molte delle sue strutture e chiesto che l’esercito non attacchi le scuole dove sono rifugiati i profughi. L’esercito ha ribattuto che «farà del suo meglio per non colpire località sensibili. Ma - ha avvertito - in passato Hamas ha sfruttato ospedali, scuole e moschee come scudi per difendere le sue infrastrutture».

Mentre il ministero dell’Interno di Gaza ha fatto sapere che «4 bombe sono finite sugli sfollati e ci sono almeno 70 morti e 200 feriti». In precedenza la stessa Hamas aveva annunciato che 13 ostaggi, inclusi alcuni stranieri (si parla di alcuni che hanno doppia cittadinanza), sono rimasti uccisi nei raid israeliani.

Poco prima che parlasse Netanyahu, l’aviazione dello Stato ebraico aveva annunciato di aver lanciato attacchi «su larga scala su obiettivi di Hamas nell’enclave palestinese». L’obiettivo è ancora quello di disarticolare la ruota di comando di Hamas e delle altre fazioni, colpire le rampe di lancio dei razzi verso Israele e uccidere i vertici delle organizzazione terroristiche. I tiri su Israele, dopo una nottata abbastanza tranquilla, sono invece ripresi con forza nel primo pomeriggio, con decine di razzi diretti su Ashkelon e la zona sud e centrale del Paese, comprese Tel Aviv e l’aeroporto internazionale di Ben Gurion. Il bilancio delle vittime, da entrambe le parti, continua inesorabilmente a crescere. In Israele si contano oltre 1.300 morti (257 i soldati) e 3.300 feriti. A Gaza, secondo il ministero della Sanità locale, si è arrivati ad almeno 1.800 vittime con 6.388 feriti. Anche in Cisgiordania ci sono stati 11 morti negli scontri con l’esercito israeliano durante la Giornata di rabbia proclamata da Hamas per il primo venerdì dell’operazione ‘Inondazione di Al Aqsà. Sono 46 in totale i palestinesi uccisi nei Territori dall’inizio delle ostilità.

Il fronte nord con il Libano - dove si teme il peggio - è stato un susseguirsi di razzi da parte di Hezbollah e risposte dell’artiglieria israeliana. Un cameraman libanese della Reuters è stato ucciso in un attacco israeliano e altri cinque reporter sono stati feriti. In Israele sono arrivati inviati dall’Europa e dagli Usa, compreso il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Tutti hanno espresso solidarietà ad Israele e condannato Hamas. «Peggio dell’Isis», ha detto il segretario americano alla Difesa Lloyd Austin. «Il più atroce attacco agli ebrei dall’Olocaustò, ha insistito la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.

Nella foto un manifestante palestinese guida uno scooter davanti a pneumatici in fiamme durante gli scontri con i soldati israeliani nella città di Ramallah, nella Cisgiordania

 

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