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Il reportage: in auto, con gli asini o a piedi, è fuga disperata da Gaza

Ingorghi sulle strade. Tra rabbia e rassegnazione, il dramma dei malati senza ambulanze. Hamas accusa: bombe sulla popolazione che scappa

con il contributo di Aldo Baquis da Tel Aviv

Gaza City è una città sotto shock. Di prima mattina, dopo giornate di bombardamenti e distruzioni, si è diffusa la notizia che ha piegato le gambe ad oltre un milione di abitanti. Entro la fine della giornata - dicevano volantini dell’esercito israeliano, messaggi diffusi sul web, trasmissioni radio e messaggini apparsi sui telefonini - tutta la popolazione residente nel nord della Striscia doveva lasciare la città, in massa, senza eccezioni, malati e bambini inclusi, dirigendosi a sud del Wadi Gaza, la linea di demarcazione con il settore centrale della Striscia.

Di prima mattina è così cominciato il disperato esodo. Chi aveva ancora combustibile nel serbatoio dell’auto si è messo al volante. Ma molti altri - centinaia, forse migliaia - si sono avviati a bordo di carretti trainati da asini, coperti fino all’inverosimile di bagagli e di bambini. Altri, mestamente procedevano a piedi. In alcuni tratti di strada si sono creati ingorghi, il traffico automobilistico a rilento con gli sfollati che avrebbero anche rischiato la vita. Secondo le accuse di Hamas almeno quattro bombe israeliane «sono finite sulla popolazione in fuga sull’arteria stradale di Salah al-Din, con un bilancio di almeno 70 morti e 200 feriti». La notizia non è stata confermata da nessun altra fonte e potrebbe far parte della retorica dei miliziani che per tutta la giornata hanno intimato alla popolazione di non abbandonare Gaza City: «Non lasciate le vostre case. Non fate il gioco del nemico».

E mentre appelli contro l’ultimatum di Israele sono giunti anche dall’Onu e dalla Croce Rossa, nella giornata dell’esodo è scattata un’emergenza nell’emergenza. Quella dei tanti feriti non trasportabili. All’ospedale al-Quds, una fonte ha raccontato all’Ansa che, al di là degli ordini, lo staff ed i malati non si sarebbero spostati: «Anche volendo, non abbiamo ambulanze. E poi dove potremmo ricoverare mai i malati gravi? Tutti gli ospedali della Striscia sono vicini al collasso. Ci sono forti penurie di diesel, di medicinali, di corrente elettrica, di erogazione dell’acqua. E’ una catastrofe. Noi non ci muoviamo. E speriamo che almeno l’ospedale sia risparmiato dall’esercito».

Nel settore nord, sotto gli incessanti bombardamenti, la popolazione aveva già capito che presto o tardi sarebbe stata costretta a lasciare le proprie case nel giro di una manciata di
minuti: valigie con le foto di familiari e i documenti di identità erano già pronte all’ingresso di molte abitazioni. Pronti a partire, ma senza sapere per dove. Già ieri, secondo l’Unrwa a Gaza gli sfollati erano oltre 400 mila e tutte le strutture dell’agenzia delle Nazioni Unite nella Striscia erano stracolme. «Lasciare casa - ha raccontato uno dei tanti in partenza da Jabalya, cittadina palestinese a 4 chilometri da Gaza - significa rassegnarsi ad andare in un’altra parte della Striscia, per restare lì all’addiaccio, mentre altrove proseguono i combattimenti».
Fra le macerie di un edificio, un uomo si lamentava, raccontando che le scene di oggi ricordavano quelle della Naqba: il «disastro» del 1948 con la fuga in massa dei palestinesi dalle loro case durante i combattimenti con i primi israeliani. «Quanto successo ai nostri padri succede anche a noi oggi», ha esclamato: «Ci sospingono fuori di casa. Tutto questo era di certo progettato in anticipo. È una catastrofe». «Tutti ci hanno abbandonato. Dov’è la Cisgiordania? Dove sono i giovani? Perché non siamo protetti?», ripeteva un’altra persona accanto a lui.

In una piazza di Gaza, dove è esposta la replica di uno dei razzi di Hamas, «M75», si sono invece radunati centinaia di dimostranti che lanciavano slogan di sfida ad Israele. In serata era chiaro che mentre molte migliaia di abitanti hanno effettivamente lasciato le proprie case, l’evacuazione in massa non ci sarebbe stata. Ed Israele è tornato a ricordare che l’ordine non è stato revocato, indicando un itinerario che - al calare delle tenebre - restava percorribile per passare dal nord al centro della Striscia. Attorno a Gaza intanto si addensavano i carri armati israeliani.

 

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