Quota 103 per l’accesso alla pensione con almeno 62 anni di età e 41 di contributi ma con un tetto per l'assegno pari a circa 2.600 euro al mese fino ai 67 anni, stretta sulla perequazione con una penalizzazione soprattutto per gli assegni più alta che si abbassa al 35% dell’inflazione per quelli superiori a 5.250 euro lordi al mese: sono queste le principali misure in manovra di bilancio per quanto riguarda la previdenza, insieme a un bonus per chi decide di restare al lavoro pur avendo i requisiti per andare in pensione. Le misure andranno comunque declinate nei dettagli che possono spostare risorse considerevoli.
Su Quota 103 dovrebbero essere confermate le finestre mobili di tre mesi per i lavoratori privati e sei mesi per i pubblici ma con sette mesi per i pubblici che hanno raggiunto i requisiti a fine dicembre 2022. In pratica quindi con requisiti raggiunti nel 2022 si esce dal lavoro ad aprile se privati e da agosto se pubblici. Sarà introdotto, secondo quanto annunciato dalla premier Meloni, un tetto per chi esce con Quota 103 pari a cinque volte l’assegno minimo (circa 2.600 euro) fino al momento della maturazione dei requisiti per la vecchiaia (67 anni).
Va invece chiarita l'esistenza o meno del divieto di cumulo con l’attività lavorativa che scoraggerebbe per un’ampia platea di lavoratori l'accesso alla misura (dovrebbe essere lasciata la possibilità di cumulare un reddito da lavoro di 5mila euro l’anno).
La manovra dovrebbe introdurre anche un bonus «decontribuzione» per chi resta al lavoro con un aumento in busta paga del 10% per chi opera questa scelta. Ma questa misura, definita dal ministero dell’Economia «Bonus Maroni« poiché fu studiata circa 20 anni fa dall’allora ministro del Lavoro scomparso oggi, rischia di essere poco appetibile per il pensionando se seguirà gli stessi criteri ovvero se cristallizzerà la pensione nel momento della scelta senza che si versino ulteriori contributi.
In una fase nella quale gran parte dell’importo dell’assegno è legato al calcolo contributivo potrebbe far pendere la stragrande maggioranza di chi vuole lavorare pur avendo i requisiti per la pensione a farlo senza chiedere il bonus. La manovra introdurrà poi una stretta sulla perequazione, ovvero il recupero dell’inflazione, ma avvantaggiando le pensioni più basse, che prevede un recupero del 120% per chi ha assegni fino al minimo, ovvero 525 euro. Si mantiene la perequazione al 100% per le pensioni fino a quattro volte il minimo (fino a 2.100 euro) sarà invece ridotta la perequazioni per quelle oltre questo tetto.
Probabilmente scenderà dal 90% al 75% per quelle tra quattro e cinque volte il minimo e al 50% per quelle da cinque a 10 volte il minimo fino al solo 35% per quelle superiori a 10 volte il minimo (circa 5.250 euro). Sarà poi prorogata per il 2023 Opzione donna con alcune modifiche: si andrà in pensione a 58 anni con due figli o più, a 59 con un figlio e a 60 altri casi ma a questo dovrebbe essere aggiunto un anno di finestra mobile come previsto per la misura negli anni scorsi. È confermata anche l’Ape sociale, sottolinea il comunicato della Presidenza del Consiglio «per i lavori usuranti.
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