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Assunzioni clientelari e gare truccate, la tempesta che ha travolto l’Ast

Una gestione «superficiale e privatistica» della società, assunzioni clientelari e condizionate dai diktat della politica, gare truccate: è sconsolante il quadro che emerge dall’indagine della Finanza sull’Azienda Trasporti Sicilia (Ast), partecipata regionale finita nella bufera. La guardia di finanza ha eseguito 9 misure cautelari a carico dei vertici dell’azienda: gli arresti domiciliari per il direttore generale Ugo Fiduccia e la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio e il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per un anno per altri 8 indagati che rispondono a vario titolo di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, falsità ideologica in atto pubblico, frode nelle pubbliche forniture e truffa aggravata ai danni dello Stato.

Al centro dell’inchiesta è finito Fiduccia. Secondo gli inquirenti avrebbe illegittimamente nominato revisore contabile un professionista, in cambio dell’incarico, avrebbe omesso di segnalare le irregolarità contabili facendo apparire legittimi i bilanci della società pubblica. E ancora, dietro la promessa dell’assunzione di familiari, avrebbe costruito su misura per una società una gara per la fornitura di servizi per la startup di una compagnia aerea per 2.150.000 euro.

Le indagini hanno fatto emergere anche alcune ipotesi di truffa: una in danno dell’azienda pubblica sul servizio di bigliettazione elettronica, del valore complessivo di 3,2 milioni, attraverso l’utilizzo di documentazione falsa per simulare il possesso dei requisiti previsti nel bando. E infine su lavoratori a tempo determinato da parte dell’agenzia di lavoro interinale che si è aggiudicata l’appalto per 6 milioni di euro. Le assunzioni sarebbero state influenzate da logiche di natura politica piuttosto che dalle effettive necessità aziendali. Proprio il capitolo delle assunzioni è stato in dettaglio affrontato dal gip che ha emesso le misure cautelari. Il magistrato, senza mezzi termini, ha scritto che a decidere chi dovesse lavorare all’Ast di fatto era la politica. Accuse riscontrate da diverse intercettazioni. Il 3 febbraio 2020 un dipendente dell’Ast dice al direttore generale Ugo Fiduccia, «ho visto che sono entrate altre persone, quindici persone... che sono stati assunti soggetti che "manco sannu fare a ‘O’ cu bicchiere" (non sanno fare la O con il bicchiere, ndr)». Fiduccia si sposta nella stanza a fianco, temendo di essere intercettato. "U iuoco forte u fa a politica - spiega -. Io ne infilo qualcuno, no ca' io infilo tutto» (il gioco forte lo fa la politica. Io ne infilo qualcuno, non è che infilo tutto, ndr), precisando che i «contatti» sono “Miccichè o u prisirienti ra Regione...iddi sunnu». (Miccichè è il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana. Il presidente della Regione Siciliana è Nello Musumeci, ndr).

Ma l’elenco dei dipendenti piazzati dai partiti sarebbe lungo: «l’architetto Antonino Contorno, nipote di Antonello Cracolici (deputato Pd ndr) - si legge nell’ordinanza - Giuseppe Iacono, nisseno sponsorizzato da Confindustria, Teresa Salamone, che entrò in Ast tramite Francesco Cascio (ex presidente dell’Ars, ndr), Maria Clara Canzoneri, parente dei costruttori Caltagirone, Giuseppe Montalbano, anche lui tramite Francesco Cascio, Alessandra Marino, vicina al politico Castiglione di Catania». E se Musumeci e Miccichè respingono le accuse al mittente e annunciano querele, sul piede di guerra sono le opposizioni con il M5S, che rivendica di aver denunciato da tempo opacità nella gestione dell’Ast e il segretario regionale del Pd Barbagallo che chiede le dimissioni del governatore.

Di certo c’è che a richiamare l’attenzione degli inquirenti sulla partecipata della Regione negli anni sono stati in tanti: dal titolare dell’impresa Barone Gomme estromesso dalla fornitura degli pneumatici all’azienda siciliana, all’avvocato Giuseppe Terrano, dipendente della società. Terrano ha raccontato agli investigatori delle assunzioni clientelari, della decisione di fare fuori Barone Gomme dall’appalto degli pneumatici, degli autobus comprati da Israele, saltando la gara pubblica.

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