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Coronavirus, 33 migranti positivi trasferiti all'hotel San Paolo di Palermo: piano anti-sbarchi

Il caso sbarchi tiene banco. E mentre da ieri 33 migranti positivi sono a Palermo per passare il periodo di quarantena all’hotel San Paolo Palace di via Messina Marine, il governo ha pronto un piano per fermare gli arrivi.

Ieri cinque migranti, affetti dal Coronavirus e asintomatici, sono arrivati da Lampedusa all'aeroporto Falcone e Borsellino in due distinte operazioni con un aereo dell’Aeronautica Militare attrezzato per il biocontenimento. Altri ventotto, invece, anche loro tutti positivi ma in buone condizioni di salute sono giunti nella notte a Palermo, partiti da Porto Empedocle, con le ambulanze speciali predisposte con filtri e particolari protezioni anti Covid.

I 33 migranti resteranno in isolamento per almeno quindici giorni. Tra loro anche il marito e il figlio della ventiduenne somala la cui positività al Covid venne scoperta dopo il ricovero all’ospedale Civico.

Il governo intanto è al lavoro per riuscire a limitare gli sbarchi. "Non servono gli slogan o le urla" ma un nuovo accordo con la Tunisia che fermi gli sbarchi, "a rischio di una nuova ondata". Un'intesa sul modello di quella con l'Albania che, a cavallo della fine degli anni '90, fu "un punto di svolta" e permise "di fermare, sequestrare e affondare le barche che si utilizzavano per la traversata", spiega il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Annunciando che sono state già inviate le richieste italiane a Tunisi, tramite il nostro ambasciatore.
Un piano - in sei punti - che deve passare anche per la possibilità di rimpatri "più veloci" non solo in aereo ma anche via mare: "con una nave puoi rimpatriare 300-400 persone. E' molto importante perché i rimpatri devono seguire il ritmo degli arrivi", spiega il ministro degli esteri ribadendo che l'Italia "non può permettersi" nuove ondate, anche per il "rischio sanitario" in un'emergenza che teniamo sotto controllo": "Non possiamo abbassare la guardia se vediamo scene come porto Empedocle o Caltanissetta. Se siamo in un'emergenza sanitaria le regole si rispettano".

L'intesa con Tunisi deve prevedere al primo punto la necessità di "prevenire e non gestire. Non bisogna fermare gli sbarchi ma le partenze" e su questo la Tunisia deve incrementare i pattugliamenti, soprattutto nella zona di Sfax, quella da cui parte la maggior parte dei flussi. Oltre ai rimpatri anche via nave, c'e' da combattere sul fronte della comunicazione: "Dobbiamo far arrivare il messaggio che é falso che in Italia sono cambiate le regole per i permessi di soggiorno. E' una propaganda che stanno usando le organizzazioni che vendono i viaggi della speranza".

E in questo quadro il ministro non dimentica di tirare il ballo l'Ue e l'accordo sulla redistribuzione, siglato a Malta quasi un anno fa e di fatto congelato anche per l'emergenza coronavirus. "Capisco che durante il Covid si siano fermate le redistribuzioni" ma "adesso devono ripartire".

In questo contesto Di Maio ha ricordato il capitolo 'fondi' alla Tunisia spiegando che "abbiamo fermato l'erogazione in attesa di un piano generalizzato di cooperazione allo sviluppo ma anche in attesa di risposte certe sull'immigrazione. Il mio non è assolutamente un atto irreversibile, chiediamo semplicemente che prima di erogare 6,5 milioni di euro" arrivi "una risposta su quelli che sono il potenziamento dei rimpatri e l'accordo per mettere fuori uso i barconi dei trafficanti".

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