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Fermati al confine tra Ungheria e Serbia, migranti sfondano le linee della polizia

«Temiamo ci sia anche qualche caso di tubercolosi» dice un attivista prima di inoltrarsi nel campo prima di distribuire gli aiuti

ROSZKE. «Vogliamo andare via, lasciateci andare»: è il grido di decine di profughi bloccati e circondati dalla polizia ungherese dopo aver varcato a piedi il confine con la Serbia e aver percorso poche centinaia di metri.

Centinaia di migranti, stanchi di aspettare gli autobus, hanno sfondato le linee della polizia ungherese nei pressi del confine serbo e si sono messi in marcia a piedi sulla principale autostrada verso Budapest. Lo ha constatato l'inviato dell'ANSA sul posto.

Molti dei  migranti che avevano sfondato le linee della polizia, al confine tra Serbia e Ungheria, sono stati bloccati dagli agenti mentre
altri sono riusciti a fuggire tra i cavalcavia dell'autostrada. I fermati si trovano davanti a un campo delimitato da filo spinato e reti dove si rifiutano di entrare.

Diverse decine di profughi che hanno rotto il cordone della polizia a Roszke hanno cambiato direzione e si recano ora verso Szeged, centro ungherese una decina di chilometri a nord-est. Altri sono stati fermati e riportati nei campi.

Il «centro di identificazione» provvisoriamente allestito in uno spiazzo di terra circondato da campi di granturco, si trova in aperta campagna nei pressi di Roszke Nell'area ci sono decine di volontari ungheresi e austriaci che portano generi di prima necessità e medicinali.

«Temiamo ci sia anche qualche caso di tubercolosi» dice un attivista prima di inoltrarsi nel campo prima di distribuire gli aiuti. Tutta l'area è presidiata in forze dalla polizia ungherese in tenuta antisommossa. I migranti dovrebbero essere ora trasferiti in un campo di accoglienza nella vicina Roszke.

Molti profughi che stanno entrando in Ungheria varcando il confine con la Serbia, a due passi dagli operai che stanno ultimando la costruzione del muro, decidono di tornare indietro. Altri tentano di evitare la polizia sparpagliandosi a gruppetti nei campi di granturco. Lo ha constatato l'inviato dell'ANSA.

«Ci prenderanno le impronte digitali?», chiedono una madre ed un figlio arrivati da Islib, in Siria, assieme alla famiglia composta da altre 8 persone, tra cui 3 bimbi e 3 anziani. «Non vogliamo rimanere qui, vogliamo andare in Austria o Germania, perchè ci devono identificare?», dice il giovane sottolineando i timori che in caso di una identificazione saranno costretti a rimanere in terra ungherese.

Si avvicinano al 'centro di raccoltà a circa un chilometro dal confine dove, dopo aver parlato con gli attivisti e i volontari presenti sul posto, decideranno se fermarsi o tornare indietro.

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