CITTÀ DEL VATICANO. Ogni parrocchia, santuario, monastero, comunità religiosa d'Europa accolga una famiglia di profughi. E' l'"appello" del Papa "di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per guerra e per la fame e sono i cammino verso una speranza di vita".
Il Papa ha formulato l'appello dopo aver recitato l'Angelus, collegandolo al prossimo giubileo della misericordia e all'opera di Madre Teresa di Calcutta di cui ieri ricorreva l'anniversario della morte. Nessun accenno alla "contabilità" europea, con il dibattito delle istituzioni Ue su come ripartire 40.000-60.000 rifugiati approdati in Grecia e Italia. Nessun accenno alle migliaia di profughi rimpallati tra i paesi del centro Europa, fino a che Austria e Germania non hanno aperto le frontiere; nessun accenno agli esseri umani marchiati con un numero sul braccio nella Repubblica ceca; e con forse negli occhi l'immagine del bimbo siriano di due anni finito cadavere sul bagnasciuga di una spiaggia turca, annegato con la mamma e il fratellino di cinque anni.
L'appello del Papa, ha osservato padre Federico Lombardi conversando con i giornalisti, "è significativo ed è un evidente invito alla corresponsabilità. Papa Francesco - ha rimarcato Lombardi - non dice 'il parroco si occupi', ma chiede una responsabilità che non può non coinvolgere tutte le comunità". Toccherà alle singole realtà trovare i modi migliori per accogliere una famiglia, chi sceglierà di ospitarla nella casa parrocchiale, chi presso altre strutture, chi nelle famiglie, sempre però con il sostegno e il coinvolgimento della comunità.
Padre Lombardi ha poi ricordato l'appello ad aprire le porte ai rifugiati che papa Francesco fece nel 2013, poco dopo l'elezione, durante la sua visita al Centro Astalli di Roma, appello rivolto alle case religiose e ai conventi. L'appello di oggi, ha ancora commentato padre Lombardi indica che il Papa e la Chiesa sono "consapevoli che siamo in una situazione particolare, che in certi paesi assume il carattere dell'emergenza, una situazione che va riflettuta e di cui dovremmo prendere consapevolezza, e che non è solo un problema delle istituzioni pubbliche". Papa Francesco si è rivolto ai cattolici e ai vescovi, e ha comunicato che anche le due parrocchie del Vaticano, San Pietro e Sant'Anna, sono pronte ad accogliere una famiglia di profughi. Non sappiamo se fosse a conoscenza del caso dell'Islanda, Paese luterano con 320.000 abitanti, che secondo la ripartizione europea dovrebbe accogliere 50 migranti, e dove già 12.600 famiglie si sono offerte di ospitare un profugo, alcune anche pagandogli le spese di viaggio. Non sappiamo se il papa latinoamericano, uomo pratico e pragmaticamente operoso, abbia calcolato che solo in Italia ci sono circa 26.000 parrocchie, (più di trecento solo a Roma, sua diocesi), e si sia fatto due conti su quanti profughi troverebbero casa se solo tutte le parrocchie, e i conventi, e le comunità religiose e i monasteri e i santuari europei si facessero carico di una famiglia che fugge e cerca speranza lontano dal proprio paese. L'aritmetica dice all'Europa molto più di quanto la politica riesca a programmare e di quanto le istituzioni osino organizzare. Un amore concreto verso i profughi, non solo dirgli "coraggio, pazienza", è il modo che il Papa propone alla vecchia Europa per affrontare l'emergenza profughi. O meglio, è ciò che il Papa chiede ai cattolici per un continente capace di accoglienza, non dimentico della propria umanità. A Francesco si associa Benedetto XVI che "ha nel cuore la tragedia dei migranti e prega molto per loro", ha riferito mons. Georg Gaenswein.
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