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Povera Italia, debole e assente: peggio delle Nazionali degli anni Cinquanta e Sessanta

Gli azzurri escono di scena

Ricordo - proprio come fosse adesso - quando le avverse vicende della vita facevano dire «Povera Italia!». Poi venne il miracolo economico e ci tirammo su. Finché del motto disfattista s'impossessò la Nazionale. Il Brasile del '50, la cacciata del '58 a Belfast, il Cile del '62, la Corea del '66. Basta! Basta! Un sospiro a Roma '68, Europei da non crederci. Poi furono esaltazioni e sconfitte vissute a pancia piena, con lanci di pomodori agli azzurri beffati, vittorie che fecero uscire i tricolori dalla naftalina, Italia-Germania 4-3, Spagna '82, Berlino 2006 e Fratelli d’Italia cantato a squarciagola, Wembley 2021, due mondiali saltati, indifferenza araba. Finché oggi - l’ho sentito nel cuore - riecco «Povera Italia».

Sì, la mia anzianità di servizio - dodici Mondiali vissuti, Europei a iosa - mi permette di infliggere all’Italia sconfitta dagli svizzeri il massimo della pena. Povera, sì, e penosa, non solo debole, ma addirittura assente, scoglionata, cosa stiamo facendo qui? Niente. La Svizzera. Fa parte dei miei Amarcord anche l’antica gita scolastica delle medie, quando in autobus qualcuno intonava «la montanara uè» eppoi «la Svizzera, la Svizzera, la Svizzera, la Svizzera». Un Paese che c'è sempre piaciuto, perché anche un po' Italia, non solo sigarette e cioccolata ma ospitalità, libertà.

Il calcio? Era da un pezzo che mettevano il naso fuori, io li seguivo, i rossocrociati, anche perché conferivano storia e cultura alla mia passione per il calcio italiano, il Catenaccio, inventato dall’austriaco Rappan proprio in Svizzera. E copiato da Viani, da Rocco, predicato da Brera. E arrivavano in Italia i primi giocatori e allenatori, finché l’altro giorno mi son divertito (era finzione) a minacciare i miei connazionali: «Attenti ai Bolognesi! Freuler, Aebischer, Ndoye». E molti mi rispondevano: «Sì, anche a Embolo, ah ah!!!». Non ridono più. Gol di Freuler al '37, Donnarumma comincia a perdere la Santità. Gol di Vargas al 46', assist di Aebischer (con quel nome toscaneggiante evocato da Spalletti coi bischeri). Povera Italia. Povero Spalletti. Non ho voluto far gradassate prima della partenza della spedizione accompagnata da un’orgia di spallettismo, critici predicanti le sue virtù, le sue intuizioni, la sua pissicologia. Ho solo detto, fischiettando, ah il mio caro Orsolini lasciato a casa, ma certo, con quello Scamacca lì, con quel Chiesa. E ho aggiunto, con un tantino di veleno: ma perché Fagioli, non dico di lasciarlo a casa per le scommesse, non voglio un altro Paolorossi, ma cosa ci fa uno che da mesi è senza palla? Scusi Spalletti, perché non porta in Germania Francesco Camarda, milanista, sedici anni, un bel faccino da killer dell’area, europeo con l’Under 17? Perché? Perché?

E pian piano m'indigno con l’allenatore del Napoli, attento, prosaico, pratico, che s'è ripetuto solo con l’Albania e la Croazia, 3-5-2, catenaccio. Poi s'è dato alla poesia - a quattro, a quattro - s'è fatto anche santone. Tirava a farsi Padre Pio, ch’era tifoso del Foggia e aveva un beniamino che faceva tanti gol, Cosimo Nocera. Da you remember? Basta Amarcord. Una sentenza. Tutti a casa. Troppo severo? Tutti al mare, tutti al mare, a mostrar le chiappe chiare prese a pedate dagli svizzeri.

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