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Il voto per il presidente della Repubblica: grandi elettori siciliani col fiato sospeso

Alle 16 di ieri, quando la prima chiama era in corso già da un po’, c’erano solo tre dei 1.009 grandi elettori non ancora accreditati alla Camera. E si tratta dei tre deputati siciliani: Nello Musumeci, Gianfranco Micciché e Nuccio Di Paola. Fotografia di uno start lento, lentissimo, della maratona che porterà a eleggere il successore di Mattarella. Proprio l’immagine di Mattarella appare e riappare nei discorsi in Transatlantico dei siciliani: è l’uomo che potrebbe tirare fuori dall’impasse il Parlamento nei prossimi giorni. Sono disposti a scommetterci in tanti, anche se a taccuini chiusi.

In realtà, la prima giornata di votazioni è stata poco più di una sessione di riscaldamento. Musumeci ha atteso il suo turno nella camera d’albergo, seguendo le dirette televisive e programmando di recarsi a Montecitorio solo nell’imminenza del suo voto. Il protocollo prevede che ci si avvicini all’aula al massimo in 50 alla volta. Prima di entrare nella cabina e rigorosamente prima che venga consegnata la matita è obbligatorio disinfettare le mani con un gel distribuito da un flacone che si aziona automaticamente: è esplicitamente chiesto di non toccarlo. I parlamentari che hanno scelto di stare alla Camera possono sostare in Transatlantico, per l’occasione a finestre spalancate. Il Covid è uno dei protagonisti di questa quattordicesima elezione del Presidente della Repubblica. Alla buvette si entra a turno.

E tuttavia le trattative ci sono state. E sono state frenetiche, anche se per lo più riservate ai leader di partito. Lo scenario che sta maturando lo descrive bene Renato Schifani, ex presidente del Senato: «C’è una grande confusione sia nel centrodestra che nel centrosinistra, la partita può essere molto lunga. E allora sì, in quel caso a Mattarella si potrebbe chiedere il sacrificio di tirare fuori il Parlamento dalle secche». È una soluzione a cui guardano anche i siciliani della Lega: «In entrambi gli schieramenti è diffuso il fronte di chi vorrebbe votare Mattarella, anche in queste prime giornate - rivela Francesco Scoma -. Se prendesse un numero significativo di voti potrebbe essere spinto a ripensare alla sua decisione di non tornare al Quirinale».

È uno scenario difficile da costruire a tavolino. Anche perché nel frattempo ne maturano altri. In Forza Italia scommettono che alla fine non sarà Draghi a spuntarla. Nessuno lo dice apertamente ma il timore che la «promozione» di Draghi conduca dritto a elezioni anticipate agita il sonno a destra come a sinistra. E così la palermitana Gabriella Giammanco a fine giornata si spinge a pronosticare che «Casini o Frattini possono avere il profilo necessario in questo momento. Al Paese serve un Presidente garantista, europeista, capace di pacificare la politica».

Fra i deputati e senatori eletti in Sicilia ieri la consegna era però di attendere le mosse dei leader. E così ogni retroscena si infrange sulla posizione della leghista catanese Valeria Sudano, una che di elezioni ne ha vissute fin da quando era bambina (è figlia di politici): «Le trattative sono in corso. Bisogna vedere quando si uscirà dallo stallo. Io sarò disciplinata, quindi non ho favoriti».

L’altra scommessa riguarda la tenuta dei pentastellati. Sono il gruppo di maggioranza. Ma dilaniato da addii e spaccature. Domenica notte una serie di riunioni hanno provato a riportare unità dietro al candidato Andrea Riccardi: «Proprio per non farne un candidato di bandiera non lo voteremo fino alla quarta chiama», anticipa Di Paola, che è nisseno e aspira al ruolo di leader del movimento in Sicilia. Di questo ruolo si parlerà nei prossimi giorni, quando sul Quirinale ci sarà più chiarezza. Di Paola, che gira un video mentre a piedi si dirige verso la Camera e spiega la sua posizione politica, intanto a Conte manda un messaggio chiaro: «Il gruppo regionale è unito e forte. Sarebbe quindi naturale affidare la guida del movimento nell’Isola a un suo rappresentante». È quasi una autocandidatura, per il partito e per la corsa alla presidenza della Regione.

Anche il pentastellato palermitano Adriano Varrica spinge perché a Roma in questi giorni «si trovi il tempo di accelerare sulle alleanze in vista delle elezioni al Comune di Palermo». Varrica è fra quanti dubitano che si creino le condizioni per un Mattarella bis ma dopo il ritiro di Berlusconi ritiene più facile un accordo trasversale: «Sgomberato il campo da candidature discutibili, la situazione si può sbloccare se verrà proposto un nome che rispecchia anche i nostri ideali».

Nei prossimi a giorni a Roma si sposterà tutta la politica siciliana. Diventerà Bellissima «spedirà» nella Capitale Alessandro Aricò, Ruggero Razza, Giusy Savarino. Fratelli d’Italia sarà presente con i big siciliani. Sul tappeto c’è anche il dialogo fra Musumeci e la Meloni per risolvere la crisi alla Regione. Il governatore ci conta: «Non ho ancora incontrato nessun leader ma lo farò nei prossimi giorni per tastare il polso ai partiti. Poi la nuova giunta si farà in fretta». Musumeci non nega che si fa strada anche l’ipotesi di una rottura con alcuni alleati sulla sua ricandidatura. Scenario che porterebbe a elezioni anticipate a maggio: «Per fare gli accordi bisogna essere in due». E sono parole che agitano le segreterie in Sicilia. I partiti scrutano i cieli romani ma si preparano a mettere insieme liste per elezioni in contemporanea al Comune di Palermo e per la Regione.

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