La fila a perdita d’occhio dei sudditi all’esterno; l’intimità di una famiglia reale che - almeno per la durata del lutto - prova ricompattarsi all’interno. L’omaggio a Elisabetta II si fonda su questi due pilastri, fondamenta della sua vita, nelle ore che avvicinano il Regno Unito al maestoso funerale di Stato dell’abbazia di Westminster, uno dei più imponenti della storia mondiale recente nelle previsioni, che lunedì 19 chiuderà il cerchio del lungo addio alle regina dei record.
La processione di popolo di fronte al feretro di Sua Maestà, entrata nel terzo dei 4 giorni di apertura al pubblico della camera ardente predisposta sotto le volte medievali di Westminster Hall, continua senza sosta. Tanto da aver costretto le autorità a sospendere i nuovi accessi al varco d’ingresso di Southwark Park, riempitosi all’inverosimile, fino al parziale smaltimento della coda: allungatasi in mattinata oltre gli 8 chilometri sulle rive del Tamigi e tempi di attesa saliti dopo la riapertura a una previsione mai vista di 22-24 ore. Una prova affrontata con pazienza, in segno di rispetto o di curiosità, da gente comune di ogni provenienza, età, estrazione: donne e uomini, britannici o stranieri, volti anonimi e volti noti. Come David Beckham, leggenda del calcio inglese, allineatosi con tanti altri per «celebrare la vita formidabile della nostra Regina».
Vita che continua a essere richiamata a mò d’esempio dal suo primogenito e successore Carlo III, rientrato nella capitale con la regina consorte Camilla da un viaggio in Galles che ha concluso nel pomeriggio il tour compiuto in tutte le nazioni del Regno a suggello del passaggio di consegne. Nell’ambito di uno scenario che a Cardiff si è rivesto di significati particolari, visto il titolo di principe di Galles portato per oltre mezzo secondo dal re entrante: primo Windsor ad aver studiato un pò di antica lingua celtica gallese da giovane e capace oggi di tenere un breve discorso in quell’idioma gutturale, impronunciabile per i più, dinanzi all’assemblea parlamentare locale, per ribadire l’impegno a «servire» da monarca costituzionale. Impegno che passa anche per il tentativo di snellire e al contempo ricucire la Royal Family: rappresentata in serata in un simbolico, toccante turno di veglia attorno al catafalco da tutti e 4 i figli d’Elisabetta. E domani dagli 8 nipoti, col neo delfino William al fianco di nuovo del ribelle Harry, oltre che ai 6 cugini.
Nell’occasione Carlo ha mostrato di voler tendere in modo evidente la mano al figlio minore avuto dalla defunta Diana, ordinando che possa tornare a indossare l’uniforme militare: diritto negatogli dopo lo strappo dai doveri senior di rappresentanza della dinastia seguito alla scelta di trasferirsi negli Usa con la moglie Meghan nel 2020; e mai accettato fino in fondo dal cadetto, reduce decorato dal fronte afghano. Un atto quasi dovuto, del resto, visto il via libera analogo garantito “eccezionalmente» già oggi al principe Andrea, fratello del sovrano: privato a sua volta della facoltà di esibire gradi per una vicenda ben più grave di quella che ha riguardato Harry, ossia il sospetto coinvolgimento nel sordido scandalo sessuale Epstein.
Frattanto è in pieno movimento anche la macchina dei preparativi per l’accoglienza di vip e potenti (centinaia di dignitari attesi da ogni capo del mondo) invitati alle esequie. Fra luci e ombre. L’ultima novità è l’ufficializzazione dell’arrivo dall’Ucraina in guerra di Olena Zelenska, moglie del presidente, che, in nome del sostegno a spada tratta ribadito dal governo Tory di Liz Truss a Kiev contro Mosca, sarà ricevuta con onori da capo di Stato più che da First Lady. Ivi compreso l’ingresso al banchetto reale post funerali riservato sulla carta a presidenti (Joe Biden e Sergio Mattarella fra gli altri) e pari rango. Ad imbarazzare, non senza qualche ipocrisia, resta invece il caso Cina: con l’esclusione decisa dalla presidenza del Parlamento dei cinesi dall’omaggio al feretro nella Westminster Hall (omaggio che peraltro nessuno da Pechino risulta avere comunicato di voler rendere); ma anche l’invito alla cerimonia che conta, il rito funebre di lunedì, confermato per la delegazione governativa malgrado le proteste dei deputati che evocano l’accusa di genocidio contro gli uiguri dello Xinjiang (spetta ora alla Repubblica Popolare decidere se inviare qualcuno e chi). Mentre sul Guardian salta fuori la notizia di una prossima visita di condoglianze a Londra pure da parte del più che controverso erede al trono di Riad, Mohammed Bin Salman. Visita di dubbia opportunità sotto i riflettori, a dispetto del fatto che il Regno (come gli Usa) non abbia mai smesso di vendere montagne di armi all’alleato saudita; e che il medesimo Mbs fu fatto in fondo ricevere in pompa magna da una Elisabetta II viva nel 2018. L’anno in cui si sospetta egli abbia poi ordinato d’assassinare a tradimento e fare a pezzi l’oppositore Jamal Khashoggi.
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