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Valentino Rossi annuncia il suo ritiro: "Smetto a fine stagione"

«Dio bono, da solo qui così...». Valentino Rossi riesce a strappare la risata anche quando sta per dare l’annuncio più triste per lui e per i milioni di appassionati che negli ultimi venticinque anni hanno esultato per le sue prodezze o semplicemente si sono avvicinati al motociclismo travolti dal suo ciclone di spericolatezza ed euforia, fra staccate impossibili ed esilaranti festeggiamenti. A fine stagione il circus perderà tutto questo, perché Rossi, a 42 anni, ha deciso di scendere dalla moto.

Forse si metterà a correre in auto, magari alla 24 Ore di Le Mans, sicuro di essere «per sempre un pilota». Intanto, fa un passo indietro, una decisione «difficile», presa per un motivo «semplice»: «In tutti gli sport i risultati fanno la differenza». L’annuncio, che in molti attendevano già da qualche tempo, è arrivato a metà di questa stagione, dopo la pausa estiva. «Mi dispiace un sacco, avrei voluto correre altri 20-25 anni, ma purtroppo non è possibile. Bisognava capire se ero abbastanza veloce e nel corso della stagione i risultati sono stati inferiori alle aspettative», ha spiegato dal circuito di Spielberg in Austria, seduto su uno sgabello davanti a una folla di giornalisti, un po’ in presenza un po’ in collegamento, rivelando che nelle ultime settimane più d’una persona ha cercato di farlo desistere, come lo storico fidato amico Uccio. «Graziano l’ho convinto solo due giorni fa», ha detto parlando di suo papà, ex pilota da cui ha ereditato anche il numero 46, che lo aveva avvicinato piccolissimo ai go-kart perché più sicuri delle due ruote. «Per fortuna poi sono passato alle mini-moto...», ha sorriso il nove volte campione del mondo, celebrato dai tifosi e dai rivali del passato, remoto e prossimo. L’ultimo, Marc Marquez, era «convinto che avrebbe corso un altro anno: sarebbe stato bello vederlo nel box con il fratello. Invece...».

L’idea c’era nella testa di Rossi, il fratello Luca Marini lo avrebbe voluto accanto sulla Ducati nel team Aramco VR46 che porta il marchio del campione di Tavullia. «Ho ricevuto anche un’offerta ufficiale dal mio team per l’anno prossimo. Ma va bene così», ha spiegato Rossi, con gli occhi lucidi nel ripercorrere le immagini di 25 anni di carriera.
Un solo rimpianto: «Non aver vinto il decimo campionato, perché lo meritavo, ho perso due volte all’ultima gara». Rossi indica tre successi mondiali che hanno definito la sua parabola: «Quello del 2001, l’ultimo della 500, quello del 2004, al primo anno con la Yamaha, poi quello 2008, quando ero vecchio, mi davano per vinto ma con il cambio gomme mi sono adattato e sono tornato al vertice, lottando con Lorenzo, Stoner e Pedrosa».

I suoi 115 Gp vinti («alcuni di pura gioia, ridevo per una settimana») sono stati spesso suggellati da esultanze virali ancor prima dei social, dalla bambola gonfiabile «Claudia Skiffer» al travestimento da Robin Hood, dalla Polleria Osvaldo all’angelo, dai finti vigili del Mugello che lo multavano per eccesso di velocità, ai lavori forzati del campione «condannato a vincere». Immagini che lo hanno reso un’icona, capace di trasmettere l’amore per le due moto della costiera adriatica a tutta Italia. «In assoluto è uno dei più grandi atleti di tutti i tempi e di tutti gli sport», secondo il presidente del Coni, Giovanni Malagò. «La sensazione è grandiosa, ma sono felice soprattutto di aver avvicinato al motociclismo tante persone», ha sottolineato il pilota, soprannominato dagli amici «Dottore» (curava le sue moto come nessuno, ma forse non è questo il motivo), e poi laureatosi honoris causa in Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni dalla facoltà di Sociologia dell’Università di Urbino. Negli anni è anche salito per prova su una Ferrari, ma non sembra esserci la Formula 1 nel suo futuro: «Penso che correrò con le macchine, ma magari non allo stesso livello». Intanto, gli arrivano «grazie» da ogni parte. «Prego - è la sua risposta -, è stato un piacere, l'ho fatto volentieri. Mi sono divertito un sacco».

 

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