"Fortuna che sia successo mentre Eriksen era in campo". Roberto Vannicelli, cardiologo dello sport e medico della nazionale di pallavolo, è ancora scosso mentre descrive le emozioni provate nel vedere le immagini di quanto accaduto a Copenaghen, dove il giocatore danese dell'inter si è improvvisamente accasciato a terra, a pochi minuti dalla fine del primo tempo della partita dell'Europeo contro la Finlandia.
"Ho ripensato subito a Morosini, mi è sembrato di rivedere la stessa scena, agghiacciante - dice -. Ma è stato fatto tutto il necessario, per quello che ho visto io. Il soccorso è stato immediato, il protocollo è stato rispettato e ora mi sembra di poter dire che il peggio è passato. Se fosse successo come al povero Astori, in una camera d'albergo, senza la possibilità di fare la rianimazione immediata, ora non parleremmo di un sopravvissuto".
I soccorsi "sono stati veloci, efficienti - sottolinea il cardiologo -. Da quello che ho visto lo hanno intubato in campo e quindi più di così non si poteva fare". La drammaticità dell'evento resta, "ma dà anche un segnale di speranza perché vuol dire che se si rispettano i protocolli di sicurezza, dal defibrillatore al personale sanitario addestrato alla rianimazione, molte morti improvvise sarebbero sicuramente evitate o, almeno, diminuite".
Ora, prima di parlare del futuro agonistico di Eriksen, "bisognerà capire esattamente che cosa ha avuto. Ci sono malattie cardiache silenti - spiega Vannicelli - che possono non essere scoperte nemmeno con migliaia di esami, quelli che deve superare un atleta professionista. Circa il 3% delle morti improvvise da sport rientrano in un'area grigia che nemmeno l'autopsia riesce ad evidenziare. In un caso come questo, per fortuna non mortale, le anomalie più frequenti sono quelle elettriche, le cosiddette canalopatie".
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