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"Perchè lavoriamo?", psicologo spiega i motivi... e il denaro non c'entra

NEW YORK. Se lo è chiesto Barry Schwartz, uno psicologo americano, editorialista del New York Times tanto da scriverci un libro: perchè lavoriamo?

Non c'entra nulla l'aspetto economico. Sembra infatti che esistano altri motivi per cui ogni mattina siamo spinti dall'esigenza e dalla voglia di andare a lavorare.

"Perché lavoriamo? Perché ci costringiamo a balzare fuori dal letto ogni mattina invece di vivere una vita ricca di piaceri e avventure?", si chiede lo psicologo e lo spiega nel suo ultimo libro, "Why We Work?".

Il sito Quartz ha riportato un estratto del testo: "Quando chiedi alle persone se sono soddisfatte del lavoro che fanno o il motivo per cui hanno scelto proprio quel mestiere, non nominano quasi mai i soldi. La lista di motivi non finanziari che la gente tira fuori per giustificare il proprio lavoro è lunga e convincente".

Secondo Schwatrz, da una parte c'è il gruppo dei "soddisfatti": "Queste persone fortunate credono che il loro lavoro sia divertente, allo stesso modo in cui può essere divertente fare il Sudoku. Lavorano perché il loro lavoro li fa sentire ricaricati - spiega l'autore -. Imparano nuove cose, evolvono sia come professionisti sia come persone".

"Sono soddisfatti anche perché sentono di aver trovato qualcosa che abbia un significato. Potenzialmente, il loro lavoro può fare una differenza nel mondo. Può migliorare la vita degli altri. E può migliorarla in modo significativo".

Le persone soddisfatte sono anche fortunate perchè sono riuscite a trovare quella motivazione che magari altri non trovano, o faticano a trovare.

E vero, "non lavoreremmo se non venissimo pagati, ma non è questo l'unico motivo per cui lo facciamo. In generale, crediamo, anzi, che le ricompense materiali non siano buone ragioni per lavorare. Infatti quando di qualcuno diciamo: 'Lo fa solo per soldi', lo giudichiamo".

Tuttavia, esistono anche quelli che si dicono insoddisfatti del proprio lavoro. Alcune occupazioni infatti sarebbero lontane dall'offrire la giusta autonomia ai lavoratori, non stimolerebbero in loro la voglia di mettersi in gioco né quella di rintracciare un significato "superiore". A fare gola è solo lo stipendio mensile.

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