ROMA. Parlare bene in pubblico e avere successo. In sintesi, ecco le dieci regole cui si sono probabilmente ispirati i dieci imprenditori più famosi (Steve Jobs, Adriano Olivetti, Oscar Farinetti, Angela Ahrendts, Richard Branson, Micheal O’Leary, Carly Fiorina, Sheryl Kara Sandberg, Maryssa Mayer, Guy Kawasaki) che hanno conquistato un posto di rilievo grazie alla loro arte oratoria, della parola, della persuasione e del coinvolgimento.
1) Ricordarsi sempre della legge fondamentale della retorica: l’oratore – colui che parla o scrive per convincere – non è mai solo. Si esprime sempre in concomitanza o in opposizione ad altri oratori.
2) Costruire – come ci ricorda Cicerone nel suo De oratore – sempre un impasto indissolubile tra res e verba, tra argomenti e forme espressive; i fatti non sono più importanti delle parole e le parole non lo sono più dei fatti.
3) Ricordarsi il principio di incertezza di Quintilliano: gli schemi o i metodi non possono comprendere la complessità del reale. Ogni tassonomia, catalogo di strumenti o metodo sarà sempre parziale.
4) Iniziare sempre con la «captatio benevolentiae» per ottenere innanzitutto la sua fiducia.
5) Ricordarsi sempre che «Excusatio non petita, accusatio manifesta».
6) Usare sempre i 3 «mezzi di persuasione» (ethos, pathos, logos) enunciati da Aristotele
7) Usare il più possibile il Principio di Teofrasto secondo cui non bisogna mai spiegare tutto in modo puntiglioso e prolisso, ma bisogna sempre lasciare all’uditore qualcosa da comprendere e da dedurre da solo in modo da fargli sentire più «suo» il ragionamento.
8) Ricordarsi dell’efficacia del principio del tre (è il «numero perfetto» di cose importanti da dire e ricordare): se è una è «indottrinamento»; se sono due è un suggerimento incompleto; se sono quattro, sono già troppi elementi da ricordare.
9) Usare – quando si è in difficoltà – il corax (una delle tecniche retoriche più antiche): l’apparenza inganna.
10) Ricordarsi l’importanza dello stile e la sua dipendenza sia dalla propria personalità (autenticità) che dal contesto in cui si comunica (per non essere «fuori luogo»).
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