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Spotify vale sempre di più, schizza a quasi 9 miliardi di dollari

Spotify ha chiuso il 2014 con ricavi per 1,3 miliardi di dollari e a 8,4 miliardi di dollari è valutata 6,5 volte i suoi ricavi, più di Pandora. Spotify in settembre era valutata 5 miliardi di dollari

NEW YORK. Nuovo round, il settimo, di raccolta fondi per Spotify: il servizio musicale raccoglie 400 milioni di dollari. Una cifra con cui la sua valutazione schizza a 8,4 miliardi di dollari, più del doppio della rivale Pandora che ha una capitalizzazione di mercato di 3,5 miliardi di dollari. Affermandosi come una delle società hi tech più valutate al mondo, Spotify ha bisogno di liquidità per mantenere il suo costoso modello di business, che prevede la distribuzione di quasi il 70% dei ricavi ai titolari dei diritti della musica che mette a disposizione.

Un modello che la fa essere in perdita ma al quale non vuole rinunciare. L'offerta di musica gratuita consente di attrarre clienti, è la tesi di Spotify per difendersi dalle critiche delle tre case discografiche - Universal Music Group, Sony Music Entertainment e Warner Music Group - che ne controllano il 15%. I tre colossi premono per convertire la musica gratuita in un sistema di abbonamenti perchè - affermano - il servizio di streaming con pubblicità non è in grado di generare abbastanza ricavi per bilanciare il calo delle vendite di cd e dei download digitali. Spotify deve anche difendersi da una maggiore concorrenza.

Al di là di Pandora, Apple e Google stanno per lanciare nuove offerte musicali e il rapper JayZ ha da poco rilanciato un servizio di musica in streaming chiamato Tidal. Al nuovo round di finanziamenti raccolti partecipano Goldman Sachs e il fondo sovrano di Abu Dhabi. Secondo alcuni analisti, Spotify ha chiuso il 2014 con ricavi per 1,3 miliardi di dollari e a 8,4 miliardi di dollari è valutata 6,5 volte i suoi ricavi, più di Pandora. Spotify in settembre era valutata 5 miliardi di dollari. Con la disponibilità di liquidità sui mercati privati, Spotify così come altre start up tende a restare privata più a lungo: nel 2014 la media d'età di una società americana che sbarcava in Borsa era di sette anni, più dei tre anni del 2000.

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