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Da Audrey Hepburn a Grace Kelly, gli abiti di Givenchy a Madrid

In scena tutte le più significative mise realizzate del geniale stilista francese

ROMA. «I vestiti di Givenchy sono gli unici nei quali mi sento me stessa. Lui è più di un designer, è un creatore di personalità» diceva Audrey Hepburn del suo couturier preferito, Hubert de Givenchy, le cui creazioni (91 abiti, 17 dipinti, bozzetti, foto) sono in mostra fino al 18 gennaio 2015 nel Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid. In scena tutte le più significative mise realizzate del geniale stilista francese. Come l'abito nero lungo indossato da Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany, nella scena della celebre passeggiata di Holly sulla Fifth Avenue a NY e quelli regali per Grace di Monaco.

La mostra rappresenta la prima grande retrospettiva sul lavoro dello stilista francese, figura chiave della moda del XX secolo e leggenda vivente nella storia della haute couture. Ideata e curata personalmente da Hubert de Givenchy, classe 1927, la mostra ripercorre mezzo secolo di storia, dall'apertura della maison nel '52 (ceduta nell'1988 al Gruppo LVMH) al ritiro dalle scene nel '96. Lo stilista ha selezionato le sue più belle creazioni in prestito da musei e collezioni private di tutto il mondo, molte delle quali per la prima volta esposte in pubblico. Partner dell'iniziativa è Bonaveri, che ha messo a punto i 90 manichini su cui sono presentati gli abiti, pensati per esaltare la natura iconica, l'eleganza senza tempo e assicurare la perfetta vestibilità agli abiti. Ammiratore del lavoro del collega Cristobal de Balenciaga da quando fondò la propria maison a Parigi nel '52, le collezioni del conte Hubert James Marcel Taffin de Givenchy, nato nel 1927 in una famiglia aristocratica protestante a Beauvais, in Francia hanno goduto di un successo ininterrotto. Givenchy è stato il primo stilista a presentare nel '54 una linea pret-à-porter di lusso.

I suoi abiti sono stati indossati dalle icone fashion del XX secolo: Jacqueline Kennedy, Wallis Simpson, Grace di Monaco e naturalmente dalla sua amica-musa Audrey Hepburn. Una sezione speciale della mostra è dedicata proprio all'amicizia tra i due, al rapporto artistico e professionale iniziato nel 1953 e proseguito per tutta la vita della Hepburn. L'attrice ha
indossato i suoi capi in alcuni dei suoi film cult, come Sabrina e Colazione da Tiffany, e ha anche prestato la sua immagine per il primo profumo della Maison Givenchy, l'Interdit, lanciato nel 1957. Le foto della Hepburn nella campagna erano di Richard
Avedon.

Come collezionista di dipinti del XVII e XVIII secolo e opere di artisti del XX secolo, Givenchy ha spesso riconosciuto l'influenza della pittura sul proprio lavoro. Questo aspetto è messo in scena attraverso dialoghi instaurati tra gli abiti e una selezione di opere tratte dalle collezioni del Museo Thyssen-Bornemisza, compresi esempi di Zurbaran, Rothko, Sargent, Miro, Robert e Sonia Delaunay, Georgia ÒKeeffe.  La mostra si apre con una sezione dedicata agli inizi della
Maison nel '52. Qui spicca la celebre camicetta Bettina, dal nome di una delle modelle più belle del periodo. Una selezione di abiti corti, capi in pelle e abiti delicati in seta e lamè
rivela una delle principali lezioni che Givenchy assorbì dal suo maestro Balenciaga, l'importanza dei tessuti. Questa sezione culmina in una mostra di abiti che combinano bianco e nero, colore magistralmente usato dallo stilista. Il nucleo della mostra si concentra sulle creazioni realizzate per le quattro donne che hanno avuto un ruolo nella storia di Givenchy: la Duchessa di Windsor, Grace di Monaco, Jacqueline Kennedy e soprattutto Audrey Hepburn, sua musa dal primo incontro avvenuto nel '54. Molte delle creazioni in mostra fanno parte della storia del cinema e della memoria visiva del XX secolo, come ad esempio l'abito indossato da Jackie Kennedy al ricevimento ufficiale dato dal generale de Gaulle durante la visita ufficiale del presidente John Fitzgerald Kennedy in Francia nel 1961. Si passa alle aree degli abiti da sposa e da sera, specialità della maison che prediligeva il nero tanto da inventare un capo intramontabile come il little black dress.

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