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Variante Omicron, i 5 sintomi più comuni: "Occhio a starnuti e mal di gola"

Un'indagine condotta in Gran Bretagna svela come sta cambiando il Covid: perdita di olfatto e gusto non sarebbero più i segnali prevalenti

La variante Omicron prende piede. Nel giorno di Natale, infatti, i casi in Italia erano circa il 45% del totale, come indicano i dati elaborati dal fisico Roberto Battiston, dell'Università di Trento e coordinatore dell'Osservatorio dei dati epidemiologici in collaborazione con l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Appare evidente, come tra l'altro sottolineano gli esperti, che Omicron sta diventando dominante in tutto il Paese.

Sui sintomi e sui suoi effetti non ci sono ancora certezze, anche se secondo i dati ormai acquisiti è meno grave della variante Delta ma più contagiosa. Riconoscerla sembra più difficile perché i suoi sintomi si camuffano assumendo sempre più i connotati di un comune raffreddore.

Omicron, i cinque sintomi più comuni

Secondo una ricerca britannica pubblicata sul British Medical Journal e condotta dal King's College di Londra in collaborazione con l'azienda Zoe, impegnata in studi epidemiologici sulla pandemia di Covid-19 sono 5 i sintomi più comuni: oltre a naso che cola e senso di affaticamento, ci sarebbero anche mal di testa, starnuti e mal di gola.

A coordinare la ricerca è l’epidemiologo inglese del King’s College Tim Spector che coordina il progetto Zoe, ovvero una app in cui 4 milioni di cittadini sono iscritti e indicano i sintomi dell’infezione. Secondo Spector non vanno per nulla sottovalutati starnuti o sinusiti, perché dietro quel che potrebbe sembrare un normalissimo raffreddore potrebbe nascondersi il virus.

Omicron, altri sintomi

Alla lista dei sintomi, il governo britannico ha aggiunto anche febbre, tosse e perdita di olfatto e gusto, anche se in realtà sono molto più comuni alle altre varianti e dunque meno evidenti con Omicron. Con Delta, per esempio, il 41% dei positivi non sentiva più gli odori e il 41% i sapori, con Omicron queste percentuali scendono al 12% e 23%.

Va però precisato che si tratta solo di prime indicazioni, come gli stessi ricercatori hanno voluto sottolineare e desunti dai casi positivi osservati a Londra, dove la variante Omicron è molto più diffusa che nel resto della Gran Bretagna. L'indagine, dunque, tiene conto dell'analisi su chi ha contratto il virus nella sua variante Omicron e non su studi scientifici.

Va inoltre precisato che i sintomi lievi potrebbe essere addebitati solo all’effetto della vaccinazione, ecco perché parlare di Omicron come di una variante meno pericolosa è prematuro. Inoltre, l’età media dei contagiati è ancora bassa, in Italia è di 39 anni. Vuol dire che se la variante si comporterà come le altre, colpirà i più anziani solo in un secondo momento.

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