Ad un mese dalle elezioni europee, un terremoto giudiziario sconvolge Genova e la Liguria: il governatore Giovanni Toti, accusato di corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio, finisce agli arresti domiciliari in un’inchiesta in cui sono 25 gli indagati e 10, compreso il presidente della Regione, i destinatari di misure cautelari. Tra loro il capo di Gabinetto di Toti Matteo Cozzani - accusato di corruzione elettorale aggravata perché commessa al fine di agevolare il clan mafioso dei Cammarata di Riesi (i 400 riesini residenti in Liguria avrebbero assicurato i voti) e di corruzione per l’esercizio della funzione -, gli imprenditori Aldo e Roberto Spinelli e l’ad di Iren ed ex presidente dell’Autorità portuale di Genova Paolo Emilio Signorini: per lui si sono aperte le porte del carcere con l’accusa di corruzione.
Le accuse sono contenute nelle oltre 600 pagine dell’ordinanza emessa dal Gip di Genova Paola Faggiani al termine delle indagini della Guardia di finanza. Una botta arrivata di buon’ora, appena conclusa la notifica delle misure cautelari, con il governatore raggiunto dai finanzieri in un hotel di Sanremo. Una notizia che ha trovato impreparati i più, che ha spaventato molti e che ha fatto dire ad alcuni, come il consigliere Ferruccio Sansa, «l’avevo detto io»
L’inchiesta è la costola di un’indagine portata avanti dalla procura della Spezia che ha emesso una decina di ordinanze di custodie cautelari, una delle quali sempre nei confronti del capo di gabinetto del governatore Toti Matteo Cozzani, accusato quando era sindaco di Portovenere di corruzione e turbata libertà degli incanti. Nelle carte dell’inchiesta spezzina c’era qualcosa, qualche carta che è finita dritta dritta nelle mani del procuratore capo di Genova Nicola Piacente. Una trasmissione d’atti che ha portato ai provvedimenti eseguiti oggi.
Toti era a Sanremo stamani (7 maggio 2024), all’hotel Lolly perché di buon’ora avrebbe dovuto partecipare a una conferenza stampa con Briatore a Ventimiglia. La Guardia di finanza, in borghese, ha atteso nella hall che si preparasse e poi l’hanno portato a Genova dove è stato sentito per alcune ore. «Siamo tranquillissimi» ha detto rientrando poi nel suo appartamento dove ha il domicilio, in piazza Piccapietra.
Corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio per il governatore, dunque, che secondo gli inquirenti avrebbe accettato dagli imprenditori Aldo e Roberto Spinelli «le promesse di vari finanziamenti e ricevuto 74.100 euro» per il tramite del Comitato Giovanni Toti. In cambio dei finanziamenti, è l’ipotesi dell’accusa, il governatore si sarebbe impegnato ad «agevolare» e «trovare una soluzione» in favore di Spinelli che, scrive il gip, era «perfettamente a conoscenza della necessità di denaro da parte di Giovanni Toti in concomitanza con le competizioni elettorali». In questa storia si parla di soldi, di esigenze elettorali, di espansione imprenditoriale, di spiagge, supermercati e aree portuali ma anche dei vezzi di Paolo Emilio Signorini che, secondo gli inquirenti, per garantire il suo intervento riceveva dagli imprenditori soldi cash, soggiorni extralusso a Montecarlo, gioielli, borse griffate e fiches da puntare al Casinò.
Oltre tutto questo c’è l’ombra di Cosa Nostra, con il clan dei Cammarata di Riesi che può mettere insieme i 400 voti della comunità riesina di Genova: «Fai spuntare un pò di voti a Certosa - dice Cozzani intercettato - e io l’indomani ti faccio assumere due, tre al porto». E c’è Giandomenico Cianci, accusato anche lui di corruzione: re delle preferenze, consigliere regionale della Lista Toti e amministratore di condomini a Rapallo, avrebbe chiesto voti a un imprenditore legato alla ’ndrangheta, ormai deceduto, in cambio di lavori presso i condomini da lui amministrati.
Insomma, «la bomba è scoppiata» come ha avuto a dire Ferruccio Sansa, ex candidato alle regionali vinte da Toti e suo principale oppositore. Una bomba che lascia la Liguria, sempre pragmatica, a chiedersi cosa succederà domani. Oltre alla politica che tira da una parte all’altra le pagine dell’ordinanza cautelare e la posizione del sindaco Bucci che si dice «sotto choc’ ma anche che «continuerà a lavorare», arriva l’intervento del guardasigilli Nordio che si dice perplesso «non sul momento in cui scatta il provvedimento cautelare rispetto all’imminenza delle elezioni» ma su «una misura rispetto al tempo in cui è stato commesso il reato ed è iniziata l’indagine». Replica il procuratore capo Piacente: «la nostra richiesta è di cinque mesi fa, del 27 dicembre. L’ordinanza è arrivata solo nella giornata di ieri ed è stata eseguita questa mattina». Parole che non spengono le polemiche, appena iniziate.
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