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La riforma delle province, governo ko e maggioranza in tilt: ecco chi sono i franchi tiratori

I numeri che hanno fatto cadere il disegno di legge in un clima da tutti contro tutti

La riforma delle Province, quella che doveva ridare vita a questi enti attraverso l'elezione diretta dei presidenti, non c'è più. Bocciata al primo voto dalla stessa maggioranza che l'aveva proposta.
All'Ars è caduto l'articolo 1, quello che conteneva le fondamenta della legge, con 40 voti contrari e solo 25 a favore. E così, monca, la riforma non può più andare avanti. Il governo infatti si è fermato subito. E ancora prima sono iniziate le polemiche che stanno infiammando il centrodestra.

La lettura del voto è abbastanza semplice. Poiché in aula la maggioranza poteva contare su 38 deputati presenti (erano assenti due di Fratelli d'Italia), è ovvio che i franchi tiratori sono stati almeno 13. Cioè la differenza fra i 38 potenziali e i soli 25 voti arrivati a favore della riforma fortemente voluta da Schifani.

E tuttavia il bilancio potrebbe essere ancora peggiore per il governo. Poiché le alchimie della politica sono molteplici, si è sparsa la voce all'Ars che il Pd è andato in soccorso del governo condividendo lo spirito della legge. Ciò significherebbe che alcuni deputati del Pd hanno votato a favore e sarebbero quindi da considerare fra i 25. Dunque, per converso, quelli della maggioranza che hanno votato a sostegno della riforma sarebbero ancora meno e crescerebbero così i franchi tiratori arrivando potenzialmente al numero di 15 o 16, forse di più. Ma è una ricostruzione che i più navigati deputati de centrodestra smentiscono riconducendo il fuoco amico a "soli" parlamentari alleati.

Con questi numeri, in ogni caso, i franchi tiratori del centrodestra vanno cercati praticamente in tutti i partiti (compreso Forza Italia). E ciò è dovuto alle scorie lasciate dalle nomine dei manager della sanità e dalla bocciatura, la settimana scorsa, della norma salva-ineleggibili che era cara a Fratelli d'Italia.

Della riforma, ovviamente, non se ne parla più. E meno che mai delle elezioni previste a giugno. Si passa quindi alle elezioni di secondo livello, quelle che chiamano al voto i sindaci e i consiglieri del territorio per eleggere vertici con poteri limitati.

Il bilancio politico è ancora più semplice. Governo Ko al primo vero test e maggioranza in tilt in un clima da tutti contro tutti.

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