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Gli aumenti ai deputati regionali in Sicilia, il presidente dell'Ars: «Diamoli in beneficenza»

«Io sarei per dare questi fondi ad una associazione terza e non politica, come l’associazione della stampa parlamentare, le Misericordie o Emergency…», dice il presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno, commentando il caso dell’adeguamento all’indice di inflazione dell’8,1% che porta ad aumento di quasi 900 euro delle buste paga dei deputati. Il voto (a scrutinio segreto) nella notte tra giovedì e venerdì, che reintroduce la norma che in un primo momento era stata stralciata dalla finanziaria, diventa un caso nazionale e tutti gli occhi sono puntati sul Parlamento siciliano. «Ho dato mandato agli uffici dell’Assemblea di capire se esiste uno strumento normativo che possa intervenire sulla norma», spiega Galvagno. «E avevo già chiesto nel corso della discussione in Aula se si potesse intervenire».

Una ipotesi, la prima, che gli uffici hanno escluso (ovvero un possibile intervento per escludere l’adeguamento previsto da una norma regionale del 2014) «perché avrebbe esposto gli uffici dell’Assemblea a rischio contenzioso sull’applicazione della norma», riferisce Galvagno. Ovvero qualche deputato avrebbe potuto dire che l’ Assemblea era inadempiente nel non avere indicizzato le spettanze dei deputati all’indice di inflazione (e quindi non avrebbe dato corso all’aumento dell’indennità). Qualcuno lo avrebbe fatto? Difficile dirlo adesso, fatto sta che la norma è passata e adesso i deputati regionali si trovano nelle prime pagine nazionali per via di queste gabbie salariali in salsa siciliana. «Alcuni deputati», spiega ancora Galvano, «potevano aprire un contenzioso su questa norma. Non ho voluto mettere a rischio i componenti del consiglio di presidenza. Sentiti gli uffici ho dato seguito ad una norma; ho chiesto in maniera importante se era possibile non farla».

Inoltre, il numero uno dell’Ars smentisce che ci siano stati interventi da parte dei vertici nazionali del partito (la presidente del consiglio Giorgia Meloni e il presidente del Senato, Ignazio La Russa) sull'approvazione della norma dopo la marcia indietro che era stata fatta dall’Ars nei giorni precedenti la votazione notturna. «Non c’è stata la pressione o interlocuzioni con Meloni o La Russa», dice Galvagno. «Ma è anche vero che il partito a livello nazionale ha una direzione differente rispetto a queste questioni. Ma entrando nel merito nella fattispecie non potevamo trovare uno strumento normativo che potesse annullare questo adeguamento. Per il futuro quello che possiamo fare è trovare uno strumento normativo valido che non possa esporre e aprire a contenziosi», spiega ancora Galvagno.

In ballo c’è un ddl a firma di Giorgio Assenza che dovrebbe cancellare l’indicizzazione. «Io sarei per dare questi fondi ad una associazione terza e non politica, come l’associazione della stampa parlamentare, le Misericordie o Emergency…» dice ancora Galvagno, «affidarle ad una associazione nazionale in maniera che siano loro, poi, ad impiegarle come ritengono». Galvagno, a due giorni dalla maratona notturna che ha portato all’approvazione della manovra prima della metà di febbraio («non accadeva dal 2014», commenta), è un po’ amareggiato per la polemica sui giornali. «Si tratta dell’unica macchia rispetto allo sforzo fatto. Avessi potuto avrei evitato».

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