Nasce il governo di centrodestra (ma molti lo chiamano di destracentro) e si presenta al mondo con l’incoronazione della prima donna premier della storia repubblicana. Meno di un mese dopo le elezioni politiche Sergio Mattarella convoca al Quirinale Giorgia Meloni e gli affida l’incarico di formare il nuovo governo. Poco prima aveva consultato la delegazione unitaria di centrodestra che in pochissimi minuti, più con l’assenso che con le parole, gli garantiva l’esistenza di una maggioranza parlamentare chiara e l’indicazione univoca di volere la leader di Fratelli d’Italia alla guida del governo. Domani alle 10 il giuramento.
Eppure la vigilia era stata turbolenta: dopo le frasi di Silvio Berlusconi su Putin e l’Ucraina la tensione all’interno della coalizione si tagliava a fette. Tanto da spingere Meloni e il suo entourage a scegliere la strada delle decisioni autonome (pare che i suoi alleati non fossero a conoscenza di tutti i nomi dei ministri) e, soprattutto, della velocità. Il timore di nuove intemperanze del Cavaliere era palpabile oggi al Colle ed è stata chiara l’impressione di voler espletare le pratiche quirinalizie presto e senza danni. Non è sfuggita infatti ai giornalisti l’occhiata, tra il perplesso e il rassegnato, che Silvio Berlusconi e Matteo Salvini si sono scambiati proprio mentre la presidente del Consiglio in pectore confermava alle telecamere schierate al Quirinale che tutti avevano indicato lei come premier.
E’ stato il presidente della Repubblica a spiegare la ratio di questa voglia di fare presto basata su una linea di «leale collaborazione» istituzionale tra le due istituzioni. «Questa volta il tempo è stato breve, non è passato nemmeno un mese dalla data delle elezioni e questo è stato possibile per la chiarezza dell’esito elettorale», ha premesso Mattarella. In secondo luogo (ma questo è stato anche il motivo del colloquio di oltre un’ora avuto in privato con la nuova presidente del Consiglio) perchè «è stato necessario procedere velocemente in considerazione delle condizioni interne e internazionali che esigono un governo nella pienezza dei suoi compiti». E’ nota la preoccupazione del capo dello Stato per il disagio sociale che la crisi energetica sta provocando tra gli italiani e l’urgenza con cui il capo dello Stato vorrebbe fosse affrontato il problema sia nell’Unione europea che in Italia. Senza dimenticare che resta pochissimo tempo per preparare la Legge di Bilancio.
A conferma di quanto ci sia voglia di bruciare le tappe c’è da registrare anche un giuramento dei ministri lampo: già sabato all’ora di pranzo si sarà concluso il necessario rito di iniziazione. Il quale permetterà alla premier di chiedere la fiducia parlamentare con tutta probabilità già martedì. Forse questa fretta è all’origine di un clamoroso errore: dopo aver letto la lista dei ministri pubblicamente giunge una stringata nota di Fratelli d’Italia a far sapere che però c’è stato un «errore di trascrizione». E quindi si prende atto di un giro di valzer tutto interno a Forza Italia: il senatore Gilberto Pichetto Fratin finisce all’Ambiente e sicurezza energetica, mentre Paolo Zangrillo ministro della Pubblica amministrazione. In sostanza uno scambio di ministeri.
Restano comunque sempre 24 i ministri che domani sfileranno emozionati nel salone delle feste del Quirinale per giurare nelle mani del capo dello Stato, il quale già conosceva le indicazioni sui ministeri più sensibili, come Esteri, Economia, Difesa e Interni. Si nota nel primo governo guidato da una donna proprio l’esiguo numero di donne alla guida dei dicasteri (solo sei) e sorprende invece l’altissimo numero di senatori cooptati al governo, ben nove. Senza contare il presidente del Senato, Ignazio La Russa, la coalizione di centrodestra può contare su 115 voti a Palazzo Madama, dove la maggioranza è a quota 104. Nove ministri vengono da Fratelli d’Italia, cinque da Forza Italia, cinque dalla Lega, e altrettanti sono i tecnici. Ha colpito anche il cambio di denominazione per alcuni ministeri: all’Istruzione viene aggiunta la dicitura del «merito», le politiche agricole diventano Agricoltura e sovranità alimentare. Una rivoluzione (per alcuni un’involuzione) anche lessicale.
Giorgia Meloni, entrata al Quirinale con una 500 x bianca ed uscita con un Audi 6 dello Stato, ha immediatamente chiamato il suo predecessore Mario Draghi, reduce dal suo ultimo Consiglio europeo. Rapporti buoni e uno scambio di consegne che tutti garantiscono avverrà nella massima collaborazione. Infine, se le opposizioni riconoscono come sia una nota positiva per l’Italia avere finalmente una donna a Chigi, non nascondono le loro preoccupazioni per la scelta di alcuni nomi che preoccupano per la tenuta dei diritti. «La lista dei ministri conferma alcuni segnali preoccupanti. Segnali sparsi che preannunciano un brusco arretramento nel percorso di riconoscimento e rafforzamento dei diritti civili, sottolinea ad esempio Giuseppe Conte.
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