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Le nuove concessioni balneari: «Così i grandi gruppi potranno accaparrarsi le spiagge siciliane»

Il timore è che grandi società possano accaparrarsi le spiagge siciliane, in barba ai piccoli concessionari che le hanno gestite fino ad ora. Il rischio è quello paventato dalla Regione all'indomani dello stop dettato dal governo nazionale alle proroghe delle concessioni balneari.

Il nuovo passo è legato agli emendamenti al ddl Concorrenza che introducono la riforma delle concessioni balneari a cui il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all'unanimità per andare incontro a una direttiva europea (chiamata Bolkenstein dal nome del Commissario europeo per il mercato interno). Le concessioni adesso dovrebbero essere assegnate tramite gara a partire dal 2024, ma è prevista anche la tutela degli investimenti fatti, considerazione per gli imprenditori che nei cinque anni precedenti hanno utilizzato lo stabilimento come principale fonte di reddito e massima partecipazione di microimprese, piccole imprese ed enti del terzo settore.

Novità che non vengono viste di buon occhio in Sicilia. «Lo stop alle proroghe delle concessioni balneari - spiega l’assessore regionale al Territorio e all’Ambiente, Toto Cordaro - è visto con grande preoccupazione dal governo Musumeci. Avevamo fatto nostro quanto sancito dalla Legge di Stabilità nazionale del 2018, con l’estensione delle concessioni demaniali al 2033, e oggi il provvedimento adottato da Roma ci appare iniquo. Seppur convinti della bontà del principio dell’evidenza pubblica, tuttavia non si tiene in alcun conto della storia e degli investimenti fatti dagli attuali concessionari, né del percorso di qualità che in Sicilia avevamo intrapreso, ad esempio con il rinnovo delle certificazioni antimafia e con l’incasso di tutti i canoni che hanno generato un introito di ben 15 milioni di euro per la Regione».

Per questo dalla Sicilia sono state proposte una serie di migliorie presentate alla Conferenza della Regioni: il diritto di prelazione per garantire il know-how, le somme investite e l’attività svolta negli ultimi 30 anni dagli attuali titolari di concessione; la necessità di adottare un criterio di perequazione che dia a tutti la possibilità di concorrere utilmente.

«In questi quattro anni – prosegue Cordaro - il governo regionale ha tutelato il settore perché lo ritiene strategico sotto il profilo dello sviluppo economico e sociale della Sicilia: stiamo parlando di circa 3.000 imprenditori che offrono fino a 100mila posti di lavoro, fra diretti e indotto, e rappresentano una parte importante del Pil dell’Isola. La cui economia, colpita dal Covid, il governo regionale continuerà a tutelare. Se sarà necessario chiederemo di aprire un tavolo di confronto con l’esecutivo nazionale. Attendiamo il passaggio in Parlamento».

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