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La corsa al Quirinale, il nome di Draghi porrebbe fine alla contesa

Qualunque candidato non condiviso dai partiti, dalla Lega al Pd, porterebbe alle elezioni. Da qui il tentativo di costruire una larga maggioranza in Parlamento su una figura che possa ottenere un ampio consenso. È tutta da percorrere la strada per il voto sul presidente della Repubblica ma il ragionamento di un big della maggioranza fotografa la situazione attuale.

Pro e contro Draghi al Colle

C'è chi parla di una rete per Draghi. Ovvero di costruire le basi per evitare che le elezioni del capo dello Stato possano essere il momento di rottura in un momento delicato per il Paese, alle prese con il rischio di una nuova ondata Covid e con la necessità di affrontare emergenze che gravano sulla vita dei cittadini come il caro bollette. In Parlamento, è ormai risaputo, si fronteggiano due schieramenti. Quelli «pro Draghi» al Colle e quelli che, invece, ritengono il «trasloco» dell’attuale presidente del Consiglio al Quirinale un danno per l’Italia perché - questa la tesi - rischierebbe di esporre il Paese all’instabilità. Ma in entrambi i fronti c'è la convinzione che il ragionamento valga anche nell’altro senso, ovvero il governo - senza la candidatura di Draghi sul tavolo - potrebbe dividersi e sfaldarsi.

I nodi della manovra

La priorità in ogni caso è portare la legge di bilancio in porto. I tempi si stanno allungando a causa delle spinte contrapposte dei partiti. E la mossa di Draghi di incontrare i leader di partito - oggi ha visto il presidente M5s Conte e il leader di Noi con l’Italia Lupi - serve anche per tentare di svelenire il clima e disinnescare le tensioni. Sul tavolo restano i nodi del superbonus, del reddito di cittadinanza, della rottamazione delle cartelle e il presidente del Consiglio avrebbe chiesto responsabilità alle forze politiche.

La proroga dello stato di emergenza

Anche sul tema della proroga dello stato di emergenza. Probabilmente già domani ci sarà un Consiglio dei ministri che permetterà al governo di avere gli stessi strumenti finora adoperati nella lotta al Covid fino al 31 marzo. Anche la Lega non ha chiuso la porta all’accelerazione di Draghi che in un primo momento sembrava invece voler aspettare. In tanti legano la questione della proroga dello stato di emergenza con la partita del Quirinale, ma sono gli stessi leader della maggioranza ad evitare commistioni tra i due temi. Ora comunque ci sarà il rush finale sulla legge di bilancio, poi si comincerà a parlare dell’elezione del capo dello Stato.

Le consultazioni di Salvini

A prendere l’iniziativa è Salvini, che oggi ha sentito tutti i leader di partito, da Letta a Conte, da Renzi a Calenda, da Meloni a Lupi, da Toti a Brugnaro. E soprattutto ha avuto un colloquio telefonico con Berlusconi. I due hanno concordato di vedersi a breve. Ci sarà prima un tavolo del centrodestra per trovare una posizione comune e poi si allargherà - questa l’intenzione - il perimetro del dialogo. In campo, ma ancora non ufficialmente, resta la candidatura di Berlusconi. Il Cavaliere ritiene, riferiscono fonti parlamentari azzurre, che l’unico «piano B» ad una sua possibile candidatura sia proprio il nome di Draghi. Vorrebbe che l’ex numero uno della Bce restasse a Palazzo Chigi ma il convincimento anche in FI è che, qualora Draghi dovesse puntare ad andare al Colle, non ci sarebbe partita.

Giochi di visibilità

Oggi Meloni, Letta e Conte hanno frenato sull'iniziativa del capitano leghista, è troppo presto. Anche fonti azzurre la ritengono prematura. Ma è stato lo stesso ex ministro dell’Interno a spiegare di aver agito per impostare un metodo e cercare di «ricucire» il Paese. Altre fonti «legano» l’operazione del segretario del partito di via Bellerio al tentativo di recuperare quella centralità nella coalizione conquistata da Giorgia Meloni alla festa di Atreju, ma dalla Lega smentiscono retropensieri. L’obiettivo è dunque prepararsi all’appuntamento di febbraio, senza salti nel buio. Intanto tessere la tela, poi se sarà una «rete» per Draghi oppure per un’altra figura (sul tavolo sempre i nomi di Casini, Amato e Cartabia) si capirà nelle prossime settimane. Perché dietro ogni mossa dei leader dei partiti occorrerà che si tenga conto del timore della maggioranza dei parlamentari di andare al voto. Da qui la necessità che non si costruisca solo il metodo per individuare il successore di Mattarella, ma che si pensi anche al destino della legislatura.

 

 

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