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Gentiloni ottiene la fiducia alla Camera: "La priorità sarà il lavoro". La palla passa al Senato

ROMA. Comincia dove aveva finito Paolo  Gentiloni, «rivendicando» la continuità con il governo Renzi e  presentando il suo come di «responsabilità» finchè avrà la  fiducia del Parlamento. Con 368 sì e 105 no, in un'aula della  Camera semideserta per l'Aventino di M5S e Lega e l'assenza nel  voto dei verdiniani parte  l'esecutivo guidato dall'ex ministro degli Esteri che mette in  cima all'agenda come il lavoro, il disagio del ceto medio, il  rilancio per un'Ue meno austera. Ma non la legge elettorale, per  la quale il governo non avrà un ruolo di «attore protagonista»  ma di facilitatore di un'intesa tra i partiti che venga in tempi  rapidi perchè, avverte il Pd, «non accetteremo pantani» per  allungare la legislatura.

Il neopremier Paolo Gentiloni attende ora l'ok del Senato insieme a molti dei ministri del suo governo. Tra i presenti: la ministra della P.a. Marianna Madia, la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, il ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti, il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina, il ministro degli Affari Regionali Enrico Costa, il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, il ministro dello Sport Luca Lotti. Nell'Aula del Senato dove è in corso il dibattito sulla fiducia al nuovo Esecutivo, i banchi delle opposizioni sono semideserti. Per il momento, assenti il M5S e la Lega. Poche le presenze tra i senatori di Forza Italia.

Da parlamentare navigato, Gentiloni sa come rivolgersi alle  Camere per evitare, sin dall'inizio del mandato, il Vietnam  parlamentare. L'unica citazione è per rispondere in modo garbato  all'accusa di non aver riconosciuto la sconfitta al referendum«:  "La canzone diceva 'se stasera sono quì - afferma citando Tenco  - Ecco, se stasera sono qui è perchè abbiamo riconosciuto le  ragioni della sconfitta e il premier si è dimesso".

L'unico  attacco è per mettere all'indice l'incoerenza dei grillini, che  chiedono la sovranità del popolo e non riconoscono le  istituzioni: »I super Paladini del Parlamento non sono qui,  facciamola finita con l'escalation di violenza nel dibattito. Le  Camere non sono un social network«, chiede tenendo fede  all'impegno con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella  a rasserenare il clima dopo la battaglia referendaria.  Nel giorno della prima fiducia a Montecitorio - domani sarà  votata la fiducia al Senato dove i numeri sono più stretti -  tutti i ministri arrivano alla spicciolata: spicca la giacca  rossa del neoministri Anna Finocchiaro, i ministri riconfermati  preferiscono il grigio o il nero. Tranne uno striscione di Fdi  per il »voto subito« e uno dei leghisti con il primo articolo  della Costituzione, il discorso, il dibattito e anche il voto  scorrono senza intoppi: dalla mattinata M5s e Lega restano fuori  dall'Aula, salvo la dichiarazione di voto, Ala-Sc non vota la  fiducia e annuncia »l'appoggio a singoli provvedimenti che  riterranno utili«.

Un'uscita dalla maggioranza che complicherà il cammino del  nuovo governo solo al Senato. Ma che non turba i sonni di  Gentiloni, consapevole della durata limitata, sulla carta e  nelle intenzioni dello stesso Pd, dell'esecutivo. Ma non meno  intenzionato ad incidere, mettendo al centro "la parte più  disagiata della classe media alla quale - ammette - finora a mio  avviso non abbiamo dato risposte pienamente sufficiente". In  continuità con Renzi, l'obiettivo di incidere di più sulla  ripresa »ancora lenta«, pur nella consapevolezza che l'Italia  »ha un'economia forte come dimostrano le profezie sbagliate di  apocalisse in base all'esito del referendum«. E di »garantire la  stabilità degli istituti« sulla quale l'esecutivo è pronto ad  intervenire quando ci sarà bisogno.

Giovedì Gentiloni avrà il battesimo all'estero partecipando  al consiglio europeo. E la linea non cambia: "Avremo - assicura  - una posizione molto netta: non è accettabile che passi di  fatto il principio di un'Ue troppo severa su alcuni aspetti  dell'austerity e troppo tollerante verso paesi che non accettano  di condividere responsabilità comuni", sui migranti. Parole che  trovano d'accordo tutti i partiti. Ma è soprattutto quell'invito  a »convergenze più larghe sui singoli provvedimenti«, dopo aver  ricevuto il niet per un governo di responsabilità nazionale, che  dà alle opposizioni, in primis a Forza Italia, la sensazione di  un governo più attento alle ragioni del Parlamento. Non vede,  invece, discontinuità Pier Luigi Bersani: »Stamattina entrando  qui mi è venuto in mente Giovanni Pascoli: 'C'è qualcosa di  nuovo, anzi di anticò«, dice l'ex segretario che vota la  fiducia ma è pronto a valutare i singoli provvedimenti.

 

 

 

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