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Mattarella: "L'Isis si può battere, Italia in prima linea nella lotta"

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

ROMA. L'Italia è in prima linea nell'azione antiterrorismo, e l'Isis si può battere, con un'azione condotta su più piani: culturale, politico, e assicurando una maggiore collaborazione delle intelligence dei vari Paesi. Lo afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una intervista a tutto campo in apertura di prima pagina con il direttore del Messaggero.

Il capo dello stato sottolinea l'importanza del piano culturale: «Non dimentichiamo che il reclutamento, nelle città d' Europa, avviene mediante la predicazione, diretta e soprattutto via web: dobbiamo contrapporre argomenti e indicazioni che facciano comprendere a giovani che ne sono destinatari quanto sia preferibile vivere nella tolleranza». «Naturalmente è necessaria un'azione di polizia che garantisca, in maniera efficace, prevenzione e repressione». «Quel che andrebbe assicurato in misura molto maggiore - richiede però Mattarella - è una piena collaborazione dei servizi di intelligence dei vari Paesi: la tentazione di tenere le informazioni per sè è tradizionalmente molto forte ma il vantaggio che ciascun paese otterrebbe dal conoscere le informazioni di tutti gli altri sul terrorismo sarebbe di gran lunga più conveniente ed efficace».

Quindi Mattarella afferma che «è certamente necessaria una risposta militare per annullare le basi di leadership e organizzative del terrorismo. L'Italia lo sta facendo da tempo, in tanti teatri di operazioni internazionali da anni». «Ben quattro missioni multilaterali - ricorda - sono sotto il nostro comando». L'Italia, spiega il presidente, è presente con quasi settecento militari in Iraq, secondo contingente dopo quello Usa, nel teatro anti Daesh. Altri duecento militari sono impegnati a Erbil come addestratori di peshmerga curdi e ottanta addestrano forze di polizia irachene. Presenti inoltre in Afghanistan, dove pure si fronteggiano fondamentalisti legati ad Al Qaeda, con ottocentocinquanta militari: anche qui il secondo contingente dopo quello Usa. E in Libano, con oltre millecento militari che, sotto bandiera Onu e con comando italiano, «contribuiscono, in prima fila, a evitare che un Paese amico come il Libano, che già subisce gravi sofferenze e tensioni, divenga come la Siria o l'Iraq».

E poi il Kossovo, con comando affidato all'Italia, con settecento militari, «per evitare che le tensioni che vi permangono possano riesplodere». Sulla Libia, Mattarella sottolinea che «dal ritorno di uno stato libico dipende la fine del califfato nella regione, la Conferenza di Roma di questi giorni è quanto mai opportuna». «Una volta formato un governo libico di unità nazionale - spiega -, la comunità internazionale avrà il dovere di aiutarlo e l'Italia sarà la prima ad essere disponibile».

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