ROMA. Basta alibi per non fare le riforme: ho sempre detto che di dimissioni fino alla fine del semestre di presidenza di turno della Ue non se ne parla. Poi, quindi a gennaio, farò le mie valutazioni che sono e devono essere «tenute completamente separate dall'attività di governo e dall'esercizio della funzione legislativa».
Nessuna data prefissata per la sua uscita, nessun «bimestre bianco» e nessuna intenzione di condizionare il lavoro fattivo del Governo e delle Camere che, come è noto, per il presidente è e resta la priorità. Dopo giorni di silenzio il Quirinale torna con una nota ufficiosa - ma assai chiara - sul nodo delle dimissioni di Giorgio Napolitano che restano confermate in un arco temporale breve ma non ancora fissato, perlomeno aperte ad una piccola finestra temporale la cui ampiezza spetta esclusivamente alle riflessioni personalissime del presidente.
Mentre il dibattito politico si sta avvitando con clamoroso anticipo sullo scoglio dell'elezione presidenziale, il Quirinale sembra voler ripulire l'area del confronto dalle tossine lasciate dalla clamorosa impallinatura a Camere riunite prima di Franco Marini e poi di Romano Prodi nel non lontano aprile 2013. C'è quindi un tempo sufficiente per fare. Non a caso in queste ore la battaglia si sta concentrando nel rapporto diretto ed indiretto tra riforma della legge elettorale e elezione del nuovo capo dello Stato. Uno scontro basato poi proprio sui numeri, anzi su una manciata di giorni secondo i calcoli fatti in Parlamento.
Il premier Matteo Renzi continua a spingere per un'approvazione dell'Italicum in aula al Senato nel più breve tempo possibile (prima della fine di gennaio). Silvio Berlusconi invece frena giocando sulle date e chiedendo prima l'elezione del nuovo presidente come garanzia che il Rottamatore non voglia tornare subito alle urne. Ecco, è proprio da questo gioco che il Colle vuole tirarsi fuori ricordando a tutti quanto le eccezionali dimissioni di un presidente non siano calendarizzabili dall'esterno. Sono un atto di autonomia assoluta, al punto che non devono neanche essere controfirmate dal presidente del Consiglio. E meno che mai devono diventare un alibi per fermare il gioco.
L'intervento odierno del Quirinale si articola su tre concetti: il primo è che Napolitano non si dimetterà a dicembre; il secondo è che a gennaio valuterà tempi e modi delle sue dimissioni; il terzo, forse il più importante politicamente, precisa che questa sua privatissima decisione non deve interferire sull'attività del Governo e del Parlamento. Si vada avanti, quindi. Su tutto quello che c'è in cantiere e non si strumentalizzi una decisione che da tempo tutti conoscevano. Ecco perché la nota ufficiosa dell'ufficio stampa parte ricordando una frase dello stesso Napolitano del 22 luglio scorso: «Io sono concentrato sull'oggi: e ho innanzitutto ritenuto opportuno e necessario garantire la continuità ai vertici dello Stato nella fase così impegnativa del semestre italiano di presidenza europea»'.
E il Quirinale chiosa così: «Quell'impegno non è mai stato smentito ed è dunque assolutamente gratuito ipotizzare sue dimissioni prima della conclusione del semestre italiano, al termine del quale il Presidente compirà le sue valutazioni». «Decisioni - precisa ancora il Quirinale - sulle quali egli rifletterà autonomamente, e che per propria natura sono e devono essere tenute completamente separate dall'attività di governo e dall'esercizio della funzione legislativa».
A conferma di tutto ciò si sottolinea come il Presidente della Repubblica «è e continua a essere impegnato in una serie già programmata di incontri e attività istituzionali sul piano interno e internazionale».
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