ROMA. All'indomani del via libera al jobs act, con i partiti ai ferri corti tra e dentro di loro, Matteo Renzi vuole bruciare i tempi sulla riforma elettorale e istituzionale. «Tra dicembre e gennaio chiudiamo», assicura il premier dopo un lungo colloquio al Quirinale con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Un consulto al Quirinale nel quale il premier avrebbe minimizzato il fatto che le tensioni in Pd e in Fi possano frenare «un percorso condiviso» sulle riforme e garantito sull'intenzione di arrivare al 2018 «se il Parlamento fa le riforme».
Con l'Italicum da oggi in discussione in commissione a Palazzo Madama e la riforma del Senato in aula alla Camera il 16 dicembre, Renzi fissa il timing e le intenzioni del governo: arrivare al delicato passaggio dell'elezione del nuovo Capo dello Stato con la legge elettorale definitivamente approvata e con le prime letture, anche alla Camera dopo il Senato, del ddl Boschi sul superamento del bicameralismo. Nell'incontro con Napolitano, preoccupato per la tenuta della legislatura, il presidente del consiglio si è detto tranquillo sulla possibilità di mettere a segno i due provvedimenti nonostante la situazione di un Parlamento che ieri, nel voto finale sul jobs act, è parso balcanizzato. Tra le opposizioni che hanno lasciato l'aula al momento del voto finale e il Pd lacerato tra i 30 che non hanno votato la legge e i tanti sì sofferti.
«Il governo considera possibile e condivisibile seguire l'iter delle riforme con un ampio arco di forze politiche», si legge nella nota diramata dal Colle al termine dell'incontro. Il premier, anzi, è convinto di poter realizzare un «percorso che tenga conto di preoccupazioni di diverse forze politiche». Per Renzi, dunque, l'intesa sulla legge elettorale, nonostante molti punti siano ancora aperti, dai capilista bloccati alla clausola di salvaguardia, «è ad un passo». Ma, al di là dei nodi tecnici, la vera paura che frena i partiti è che l'obiettivo del premier sia approvare l'Italicum per tornare al voto.
Un'ipotesi che Renzi nega, pur legandolo ad una condizione: «Se il Parlamento fa le leggi lavorando, come sta facendo, il sabato e la domenica, e se raggiunge gli obiettivi fissati, arriverà alla scadenza naturale del 2018». La road map del leader Pd appare a molti ottimistica. Anche oggi Forza Italia, al termine dell'ufficio di presidenza, fa sapere per bocca di Paolo Romani, nel rispetto del Patto del Nazareno, riforma elettorale e costituzionale «devono andare di pari passo». Ma il presidente del consiglio è fiducioso che Berlusconi riuscirà a tenere i suoi. E soprattutto sa che se non approva la riforma elettorale prima dell'addio di Napolitano rischia di infilarsi in un impasse dal quale gli equilibri tra i partiti e nei partiti rischiano di uscire molto mutati.
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