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Raid israeliano sui soccorsi a Gaza, uccisi 7 operatori umanitari che portavano cibo

Il convoglio colpito dai razzi. Le vittime, 3 britannici, un polacco, un’australiana, uno statunitense e l’autista palestinese, erano a bordo di tre veicoli della ong con insegne sul tetto riconoscibili e lungo un percorso concordato. Il premier Benyamin Netanyahu: «Un tragico incidente». Usa e Gb indignati: «Chiarite»

Sette operatori umanitari tragicamente uccisi a Gaza. È il bilancio di un attacco israeliano compiuto da un drone la scorsa notte su tre veicoli del World Center Kitchen a Deir el-Balah, nel centro della Striscia, che ha provocato un’ondata di sdegno internazionale.
I sette - 3 britannici, un polacco, un’australiana, uno statunitense e l’autista palestinese - erano a bordo di tre veicoli della ong con insegne sul tetto riconoscibili e lungo un percorso concordato con l’Idf. (Nella foto un combo con tre delle vittime)

La loro uccisione è stata condannata da tutto il mondo, Occidente in primis, con la richiesta pressante e ineludibile di un’indagine trasparente e immediata da parte di Israele, chiamato a rendere conto di un’azione che non ha giustificazioni.

La Casa Bianca, assieme a molti esponenti europei, si è detta «indignata», mentre Joe Biden ha chiamato direttamente il capo della Wck, lo chef spagnolo José Andres, per esprimere condoglianze per la morte dei suoi collaboratori e annunciare che renderà chiaro a Israele che gli operatori umanitari vanno protetti.
Sia l’esercito israeliano - che si è addossato la responsabilità dell’attacco - sia il premier Benyamin Netanyahu hanno chiesto scusa e concordato l’avvio di un’inchiesta «ad alto livello» militare per appurare come l’attacco al Wck sia potuto avvenire, promettendo di rendere pubblici i risultati.
«È stato un tragico incidente - ha detto Netanyahu - in cui le nostre forze hanno colpito senza intenzione gente innocente nella Striscia. Siamo in contatto con i governi coinvolti e faremo di tutto per assicurare che questo non accada più».

A centrare le tre auto - secondo una ricostruzione fornita da Haaretz - sono stati tre razzi sparati in rapida successione da un drone Hermes 450 nella presunzione che del gruppo dei 7 operatori facessero parte uno o più «terroristi armati».
La decisione di sparare sarebbe stata presa da un’unità israeliana a guardia del percorso. L’attacco è avvenuto subito dopo che i tre veicoli avevano lasciato il deposito dove la squadra aveva scaricato più di 100 tonnellate di aiuti alimentari.
Mentre il convoglio stava percorrendo il percorso approvato, è scattato il raid con «l’ordine della sala operativa di colpire».
Prima è stata centrata un’auto e i passeggeri hanno tentato di salire sulla seconda. Anche quella è stata colpita subito dopo, nonostante chi era a bordo avesse ormai segnalato l’aggressione all’esercito.

«La terza macchina del convoglio - ha riferito ancora Haaretz - si è avvicinata e i passeggeri hanno cominciato a trasferirvi i feriti sopravvissuti al secondo attacco. Ma un terzo missile ha colpito anche loro». Per i 7 operatori umanitari non c’è stato scampo.
Il raid ha avuto ripercussioni immediate. La Gran Bretagna - che ha visto tre suoi cittadini uccisi - ha fatto un passo formale convocando l’ambasciatore israeliano a Londra per chiedere risposte.
Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha invocato «un’indagine rapida e imparziale», mentre la Commissione Ue ha denunciato che «gli operatori umanitari devono essere sempre protetti, in linea con il diritto umanitario internazionale».
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, associandosi alla comunità internazionale, ha chiesto a Israele «di fare chiarezza: rispetto del diritto umanitario e tutela dei civili sono prioritari».
La World Center Kitchen ha immediatamente sospeso ogni attività nella Striscia e altre ong, come American Near East Refugee Aid, hanno annunciato provvedimenti analoghi.
Una decisione che rischia inevitabilmente di ricadere sulla già precaria assistenza alla popolazione civile. Oscar Camps, il fondatore della Open Arms attiva a Gaza, ha ricordato che le ong sono nella Striscia «perché soffrivamo per la morte dei civili; ora anche per il vuoto irreparabile che lascia la perdita dei nostri compagni della squadra del World Central Kitchen».

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