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Israele sotto attacco, è guerra con Hamas: missili e blitz via terra, 300 morti e 1.500 feriti

Drammatica escalation in Medio Oriente. L’aviazione israeliana ha martellato la Striscia con 5 mila razzi. Scontri tra soldati e miliziani si sono verificati nei kibbutz di frontiera. Il presidente Usa Joe Biden ha parlato di «una campagna militare potente e prolungata»

Drammatica escalation in Medio Oriente, dove Hamas ha dichiarato guerra e messo sotto scacco Israele. Colto di sorpresa, lo Stato ebraico stasera si trova a fare i conti con centinaia di morti e una presa d’ostaggi senza precedenti.

Alle prime luci dell’alba, nel giorno che chiude le festività ebraiche di Sukkot - come accadde 50 anni fa durante lo Yom Kippur -, da Gaza sono piovuti 5.000 razzi che hanno seminato distruzione e causato oltre 300 vittime e 1.500 feriti. Per ore le sirene di allarme hanno risuonato nel centro e nel sud del Paese, Tel Aviv e Gerusalemme incluse, dove la gente è corsa nei rifugi.
Il lancio di razzi non è stato che l’esordio del conflitto: da decine di punti lungo il confine, miliziani armati di Hamas (tra i 200 e i 300) sono penetrati in territorio ebraico e nei kibbutz a ridosso della Striscia da cielo, terra e mare, prendendo in ostaggio civili e militari e uccidendone altri, mentre la gente correva a barricarsi nei rifugi.

Video diffusi sui social da siti vicini ad Hamas riportano scene terribili della cattura di ostaggi: secondo i media sarebbero almeno 50, ma il numero non è stato confermato né dal portavoce militare né dalle autorità politiche.

Scontri tra soldati israeliani e miliziani di Hamas si sono verificati nei kibbutz di frontiera, da Ofakim e Beeri a Nirim ed altri: l’esercito in serata ha fatto sapere che combattimenti erano ancora in corso in ben 22 località. Immagini diffuse sui social hanno mostrato la battaglia anche nelle strade di Sderot, dove Hamas avrebbe preso il controllo di un posto di polizia. Tensione pure in Cisgiordania, mentre a Gaza, con il calare del buio, è stata tagliata l’energia elettrica.

«Cittadini di Israele, siamo in guerra. Non è solo un’operazione, è proprio una guerra», ha annunciato il premier Benyamin Netanyahu aggiungendo di aver dato ordine all’esercito di richiamare i riservisti e di «rispondere alla guerra con un’irruenza e un’ampiezza che il nemico non ha mai conosciuto finora. Pagheranno un prezzo che non hanno mai dovuto pagare, e alla fine vinceremo».
L’aviazione israeliana - secondo i media dopo qualche incertezza - ha preso a martellare la Striscia con attacchi che hanno provocato almeno 232 morti e quasi 1.600 feriti, centrando postazioni di Hamas e della Jihad. Secondo il portavoce militare, sono state attaccate anche infrastrutture militari di Hamas che erano ospitate dentro due grattacieli nel centro di Gaza. Medici senza Frontiere ha parlato di due ospedali colpiti, l’Indonesian Hospital e il Nasser Hospital.

Dalla Striscia l’imprendibile capo dell’ala militare di Hamas, Mohammad Deif, ha definito l’operazione «Alluvione al-Aqsa» una risposta alla «profanazione dei luoghi santi» e alle «detenzioni». «Abbiamo avvisato più volte il nemico sionista - ha detto Deif - ma abbiamo sempre avuto dei rifiuti». Mentre il vice capo di Hamas, Saleh al-Arouri, ha sostenuto che la sua organizzazione è impegnata in una battaglia «per la libertà».

«Questa - ha precisato - non è un’operazione mordi e fuggi, abbiamo iniziato una battaglia a tutto campo. Ci aspettiamo che i combattimenti continuino e che il fronte di combattimento si espanda. Abbiamo un obiettivo primario: la nostra libertà e la libertà dei nostri luoghi santi».

Non sono in pochi a temere ora che la situazione precipiti anche a nord, con un possibile intervento degli Hezbollah libanesi: alcuni miliziani, secondo i media di Israele, hanno provato a far breccia nella linea di confine ma sono stati respinti a colpi d’arma da fuoco dai soldati israeliani. La notizia è stata però smentita dai miliziani sciiti. In Israele si trattiene il fiato e ci si interroga su come sia stato possibile farsi prendere così alla sprovvista da Hamas, temendo una regia iraniana dietro l’attacco.

Ci sarà il tempo delle polemiche, ma nello spirito di unione che contraddistingue Israele nei momenti di pericolo, anche dopo 8 mesi di spaccatura sulla riforma giudiziaria, tutte le proteste del sabato sera sono state annullate. L’opposizione a Netanyahu ha offerto al premier la formazione «di un governo unitario di emergenza nazionale».
Mentre a Gaza, dopo il primo momento di euforia dovuto alle notizie dei razzi e dell’irruzione dei miliziani in territorio ebraico, ora prevale la paura per la rappresaglia: molti hanno già lasciato la zona più prossima al confine nel timore di un’operazione di terra dell’esercito.

È difficile stabilire quale scenario possa aprirsi nelle prossime ore: l’unica cosa certa pare che il conflitto non sia destinato ad esaurirsi in breve tempo. Netanyahu al telefono con il presidente Usa Joe Biden ha parlato di «una campagna militare potente e prolungata» al termine della quale Israele «avrà il sopravvento». Operazione «Spade di Ferro», l’ha chiamata il governo di Gerusalemme.

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