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Oltre 1.300 vittime nel terremoto in Marocco, si scava tra le macerie

Non risultano coinvolti italiani, secondo le informazioni giunte al ministero degli Esteri. La premier Meloni assicura la «piena disponibilità a sostenere il Paese»

Sono ormai oltre 1300 i morti per il terremoto che ha scosso il Marocco nella notte: secondo il nuovo bilancio diffuso dal Ministero dell’Interno.
La forte scossa, di magnitudo 6,8 secondo l’United States Geological Survey, l’istituto sismologico statunitense che tiene sotto controllo l’attività sismica nel pianeta, il terremoto ha provocato anche 1.204 feriti, «di cui 721 in condizioni critiche», ha precisato il ministero

Il bilancio rischia di aggravarsi, nella mattina che segue la notte di terrore tra i crolli e il panico per il sisma di magnitudo 7 che ha colpito una zona a circa 70 chilometri da Marrakesh. Tra i feriti «nessun italiano», secondo quanto ha affermato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che è in contatto costante con l’ambasciata a Rabat e il consolato a Marrakech per dare massima assistenza ai nostri connazionali: ne risultano circa 200 sul territorio marocchino.  «La prima cosa importante è contattare tutti gli italiani. Seguiamo minuto per minuto l’evolversi per la situazione», ha sottolineato il titolare della Farnesina. Mentre la premier Giorgia Meloni ha garantito «la piena disponibilità dell’Italia a sostenere il Marocco in questa emergenza». Una vicinanza a Rabat espressa da più parti, a partire dall’Ue che si dice pronta a fornire al Marocco «tutta l’assistenza necessaria». Le condoglianze arrivano da più parti, anche da Vladimir Putin che le ha rivolte al «popolo amico» del Marocco dopo il terremoto. E dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

I sismografi hanno registrato la scossa alle 23.11 di venerdì 8 settembre. L’epicentro è stato localizzato nel centro del Paese, a 16 chilometri del villaggio Tata N’Yaaqoub, nel municipio di Ighil, 72 chilometri a sud-ovest di Marrakesh. La scossa però è stata sentita lungo tutta la dorsale dell’Atlante, a Merzouga, una delle porte del deserto, Taroudant, Essaouira e Agadir e dall’altro versante della catena montuosa a Casablanca, fino a Rabat. Il movimento ondulatorio è durato circa 30 secondi. Poi la difficoltà nel raccogliere le informazioni dai territori più remoti, come i paesi che punteggiano l’Atlante che sono molto poveri, spesso senza collegamento internet, dove le case sono costruite con il caratteristico muro a pisé, realizzato in paglia, fango e sassi. Da subito poi grande paura nella medina di Marrakesh, dove le parti più fragili delle mura che circondano il centro storico sono crollate. Si segnalano danni anche nella kasbah e crolli di abitazioni nella zona a nord est. Nella città nuova ci sono crepe nel campanile della chiesa cattolica di Gueliz. Crolli di facciate a Essaouira, sull’Oceano atlantico e a Ouarzazate, nel centro Sud.

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