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I misteri del golpe in Russia, gli Usa e lo Zar sapevano già tutto

I ceceni di Kadyrov erano pronti a intervenire per fermare la rivolta, ma l’ordine non è mai arrivato

Ad una manciata d’ore dall’ammutinamento di Yegveny Prigozhin, il sindaco di Rostov, Mikhail Chernyshov, ha annunciato che i danni all’asfalto causati dal passaggio dei carri armati della Wagner saranno immediatamente riparati. A quel punto, della più misteriosa rivolta degli ultimi anni resteranno pochissime tracce tangibili. Il resto è avvolto nella nebbia di video, annunci, messaggi Telegram e indiscrezioni giornalistiche che hanno scandito l’inizio, l’avanzata e lo stop della marcia dei wagneriti su Mosca. Anzi, le zone d’ombre cominciano già prima che Prigozhin optasse per dare inizio alla «guerra civile russa». Perché, secondo la stampa americana, sia Washington sia Vladimir Putin erano a conoscenza delle mosse dell’aspirante golpista.

Gli Usa informati 24 ore prima

Per mettere alcuni elementi in ordine bisogna partire da quando, nella serata di venerdì, Prigozhin in un messaggio audio affermava che «i comandanti della Wagner hanno preso una decisione. Il male diffuso dai vertici militari del Paese deve essere fermato». Era di fatto l’inizio della rivolta. Una rivolta di cui, venerdì sera, secondo il New York Times, Washington era già stata informata. Oltreoceano ne erano a conoscenza da mercoledì e, per i responsabili della sicurezza nazionale degli Usa, la principale preoccupazione era diretta al destino delle armi nucleari russe in balia di una potenziale guerra civile. Il Washington Post, tuttavia, è andato oltre: «almeno 24 ore prima» lo stesso Putin sarebbe stato informato dell’iniziativa del suo ormai ex braccio destro. La doppia indiscrezione aggiunge nebbia alla nebbia. Soprattutto in zona Cremlino. Con una domanda su tutte: per quale motivo lo zar non ha spento la miccia prima che partisse e ha invece diffuso, sabato mattina, il suo j’accuse ai traditori?

Quante ombre sulla marcia della Wagner

È la stessa marcia dei wagneriti, del resto, ad essere segnata da diverse zone d’ombra. Nel messaggio in cui Prigozhin ha annunciato l’inversione a U delle sue milizie, veniva specificato che, fino ad allora, «non una goccia di sangue» era stata versata. Eppure, secondo la televisione ucraina Yuri Ignat, la Wagner nella sua avanzata ha abbattuto 6 elicotteri e un aereo dell’esercito russo. Dati che a Mosca non confermano del tutto. I media locali spiegano che i mercenari ribelli hanno abbattuto due elicotteri e un aereo nella regione di Voronezh, uccidendo quattro piloti. Mentre per il canale Telegram Fighterbomber, vicino all’aeronautica russa, sarebbero 13 i piloti al servizio di Mosca rimasti uccisi. Della Wagner, invece, non si hanno notizie di perdite. La presa di Rostov è stata incruenta e i primi attacchi russi - falliti - sono giunti solo all’altezza della città di Voronezh. «Erano pesantemente armati, non ho mai visto in vita mia equipaggiamenti come questi», ha raccontato una testimone al Financial Times descrivendo l’avanzare dei mercenari sull’autostrada per Mosca. Ma anche qui, dov’era l’aviazione russa? Sarebbero bastati un paio di bombardieri fuori dal raggio dei miliziani per incenerire la colonna. Perché non l’hanno fatto?

Qualcuno era pronto a intervenire

Qualcuno, in realtà, era pronto ad intervenire. Ramzan Kadyrov e le unità speciali cecene ai suoi ordini: tremila combattenti pronti a «schiacciare» la ribellione già a Rostov, aveva annunciato il macellaio di Grozny. Ma l’ordine di intervenire, da Mosca, non è mai partito. La marcia dei wagneriti, guidata presumibilmente dal numero due del gruppo, Dmitry Utkin, è proseguita fino a 200 chilometri dalla capitale. Poi si è fermata, ufficialmente per attendere i rifornimenti. Era invece il tempo delle negoziazioni. E della marcia, ora, non restano che i video in cui wagneriti sono accolti dai civili a Rostov e i diecimila metri quadrati di asfalto bruciato della città sul Don.

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