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Un anno dopo l'attacco a Capitol Hill, Trump rilancia: «Le elezioni sono state rubate»

L'assalto al Campidoglio

«Le elezioni sono state rubate». Donald Trump è deciso a rilanciare pubblicamente le sue accuse in una conferenza stampa a Mar-a-Lago il 6 gennaio, nel giorno del primo anniversario dell’assalto al Congresso da parte dei suoi fan per bloccare la certificazione della vittoria di Joe Biden. Se seguirà il copione esposto durante l’annuncio della press conference, il tycoon cercherà di edulcorare quel tragico giorno della democrazia americana, ripetendo la teoria cospirativa della «Big lie» (la grande menzogna) e negando di aver fomentato una insurrezione. Ma sarà anche un’occasione per preparare la sua rivincita nel 2024, cominciando a dettare la linea in vista delle elezioni di Midterm di novembre, in cui i repubblicani potrebbero riconquistare non solo il Senato ma anche la Camera (in un sondaggio generale di Fox sono avanti di 4 punti), trasformando Biden in un’anatra zoppa e il partito democratico in un campo aperto di combattimento.

I dem commemorano le vittime nello stesso giorno

Nello stesso giorno i dem hanno organizzato commemorazioni solenni, con un momento di preghiera al Capitol, per dare una prospettiva storica all’evento, mentre prosegue l’inchiesta parlamentare per far luce sulle responsabilità, comprese quelle dell’ex presidente. Due iniziative agli antipodi, che contenderanno l’attenzione dei media e che confermano la polarizzazione di un Paese sempre più in guerra con se stesso e incline allo scontro. Lo attestano anche alcuni sondaggi. Secondo una rilevazione del Washington Post, il 34% degli americani pensa che la violenza contro il governo a volte sia giustificata. La percentuale cambia a seconda della posizione politica, aumentando sino al 40% tra i repubblicani e scendendo al 23% tra i democratici. Una divisione confermata anche quando si tratta di giudicare la responsabilità di Trump nell’attacco al Capitol: per il 60% degli americani ha una «grande» o «buona» quota di colpa, ma se la percentuale sale tra i dem (92%) cala invece tra i repubblicani (27%) e gli indipendenti (57%). Per il 72% dei repubblicani e l’83% degli elettori del tycoon, inoltre, l’ex presidente ha solo «qualche responsabilità» o non ne ha «affatto». Stando ad un sondaggio della Monmouth University, infine, quasi tre quarti dei repubblicani crede alle accuse (infondate) di Trump sui brogli elettorali, mentre secondo una rilevazione della Quinnipiac University quasi 8 su 10 vogliono che corra per la Casa Bianca nel 2024.

Un anni dopo forza e popolarità di Trump sono immutate

Tutti dati che attestano come siano cambiate le cose nel giro di un anno. All’indomani dell’assalto al Campidoglio, molti esponenti repubblicani di rango prevedevano che il tycoon sarebbe uscito di scena o sarebbe stato relegato alle frange di destra, e che il partito sarebbe tornato alle origini. Insomma, l’assalto al Capitol avrebbe dovuto rompere la sua presa sul Grand Old party. Invece l’ha rafforzata ed ora Trump sembra addirittura più forte che mai, con una leadership indiscussa, oltre 100 milioni di dollari accumulati dai suoi comitati politici e una nuova piattaforma online (Truth, verità) pronta a decollare dopo che è stato bandito dai social. «E’ diventato quasi una religione nel partito repubblicano, con i suoi credenti e i suoi eretici», confida un ex del partito.

La rinasciata del tycoon favorita dalle difficoltà di Biden

La rinascita del tycoon è stata favorita anche dalla performance finora deludente di Biden, tra il caotico ritiro dall’Afghanistan, una pandemia dilagante, una maxi inflazione e l’impasse della sua agenda al Congresso. Ed ora Trump entra a gamba tesa nelle primarie per i governatori e per le elezioni di Midterm, alternando endorsement ai fedelissimi ad anatemi contro i dissidenti. L’esito del voto deciderà il suo futuro: se vinceranno i suoi uomini, la sua ricandidatura alla Casa Bianca appare inevitabile, altrimenti rischia di indebolirsi. Sulla sua strada restano però due mine vaganti: l’inchiesta della Camera sull’attacco al Campidoglio e quella della procura di New York sulla sua holding.

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