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Scontro in casa Le Pen, Marine sospende il padre e lui la ripudia

PARIGI. Il Front National di Marine Le Pen sospende il fondatore Jean-Marie e gli ritira la tessera. Ma l'anziano leader, «sconfessato» dall'ufficio politico del partito, ripudia la figlia: «non voglio che la presidente porti il mio nome». La battaglia in casa Le Pen assume toni da faida familiare, Marine, che ha in mano il partito, ha di fatto estromesso il padre dal Front National vietandogli di parlare a nome del movimento.

Jean-Marie è stato «sospeso temporaneamente», in attesa della tenuta di un prossimo Congresso «straordinario» ma intanto gli sarà ritirata la qualifica di 'aderente'. «I commenti o le prese di posizione del presidente onorario non possono in nessun caso impegnare il Front National, la sua presidente o le istanze decisionali»: questa la decisione dell'ufficio politico, che «disapprova» le ultime uscite di Jean-Marie Le Pen, 86 anni, che hanno fatto esplodere la figlia Marine. «In particolare - hanno sottolineato i leader del partito - il FN disapprova le opinioni espresse sulle colonne del giornale anti-FN (nel senso che è ancora più a destra, ndr) Rivarol, contrarie ai suoi valori politici e di statuto».

Le Pen padre, intervistato dal giornale, aveva rivalutato - per lui non è certo una novità - il maresciallo Petain, capo della Francia che collaborò con i nazisti. Questo a pochi giorni dall'ennesimo rilancio della polemica sulle camere a gas, definite ancora «un dettaglio» della storia dal fondatore del Front National. L'ufficio politico ha ribadito la totale fiducia in Marine Le Pen, che ieri aveva auspicato esattamente quello che oggi si è verificato, l'estromissione di fatto del padre dalla vita politica del partito, che prende le distanze dal suo fondatore e leader incontrastato per decenni. Il Front fu infatti creato nel 1972 da Le Pen, che lo ha guidato fino al 2011, quando al vertice arrivò la figlia Marine. Anche oggi, alle prese con la sua creatura in rivolta, Le Pen è apparso combattivo: non si è presentato davanti all'organismo che avrebbe dovuto sanzionarlo nel pomeriggio, ha ribadito che «certamente» non abbandonerà la vita politica anche se parlerà per sè e non più per il FN.  Quanto alla figlia, prima ha detto che continuerà a sostenerla, poi - ripensandoci - l'ha «ripudiata», accusandola di essersi macchiata di un «crimine»: «mi vergogno che la presidente del Front National porti il mio nome». Ironico, l'ha invitata a «fare campagna» sotto il nome di Marine Aliot (sposando il suo compagno, dirigente del FN) o addirittura convolando a nozze con Florian Philippot (l'ideologo moderato, vicepresidente e dichiaratamente gay). Tre giorni fa, nella tradizionale festa del Front National del primo maggio, aveva dato l'impressione opposta: in un'esplosione delle tensioni familiari ormai divampate da due mesi, l'anziano leader, in vistosissimo cappotto rosso, era apparso - non invitato - sul palco prendendosi lunghi applausi mentre sullo sfondo un'imbarazzatissima Marine Le Pen, già presa di mira dalle Femen, non sapeva letteralmente che espressione assumere. «Jean-Marie Le Pen - aveva detto ieri la figlia ai media - non deve più potersi esprimere a nome del Front National, le sue affermazioni sono contrarie alla linea fissata». Il giorno dopo, sembra quanto mai difficile che l'uomo che ha fatto della provocazione più violenta possibile la sua principale arma di battaglia politica possa essere ridotto al silenzio da una sanzione disciplinare del partito. Chi gli è vicino conferma: «Quando si fanno manifestare milioni di francesi per la libertà d'espressione - ha detto lo storico braccio destro dell'anziano leader, Bruno Gollnisch - sarebbe quanto meno paradossale che l'unico ad esserne privato fosse Jean-Marie Le Pen».

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