MOSCA. L'Ucraina è in bilico tra la pace e il disastro. E all'indomani della missione franco-tedesca a Mosca dell' «ultima chance», le parole più chiare le ha pronunciate Francois Hollande: «Senza un accordo, l'unico scenario è la guerra». Nelle ore in cui gli sherpa europei e russi lavorano a un negoziato decisivo alla de-escalation del conflitto, nella capitale russa Vladimir Putin ha cercato di abbassare la tensione: la Russia, ha detto il capo del Cremlino, «non vuole combattere con nessuno», anzi vuole «collaborare con tutti».
Una possibile apertura di Mosca si è colta oggi anche a Monaco di Baviera: alla conferenza sulla sicurezza internazionale, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha affermato infatti di essere «ottimista» sul fatto che i colloqui di ieri possano costituire «la base per una soluzione del conflitto».
Angela Merkel, invece, scottata dal passato, ha ostentato scetticismo: «È incerto che i colloqui abbiano avuto successo». «Dopo la delusione di Minsk ? ha spiegato - non è possibile dare garanzie su quello che fa Putin». Al di là degli esiti della trilaterale di ieri, la sua posizione comunque non sembra destinata a cambiare: «Questo conflitto non si vince militarmente», è stata la sentenza.
Del piano di pace la cancelliera ha taciuto, dal suo entourage non è trapelato nulla. E i contenuti dell'incontro con Putin non sono approdati neppure al dibattito del forum, concentratosi invece sullo 'scontro' tra Usa e Ue circa l'ipotesi di fornire armi pesanti a Kiev.
Il leader ucraino Petro Poroshenko, prendendo la parola, ha rivendicato «armi non letali e la tregua immediata», sostenendo che l'Ucraina non ha mai «violato» gli accordi di Minsk. La battaglia per la libertà e l'indipendenza portata avanti dal suo Paese, ha affermato inoltre, ne travalica i confini: in gioco, per il presidente ucraino, c'è «la libertà dell'Europa e la sicurezza del mondo».
Il vicepresidente americano Joe Biden, dal canto suo, ha messo Mosca in guardia con parole neanche troppo sibilline: «Anche noi riteniamo che la soluzione non possa essere militare, ma Putin non può fare quello che fa. L'Ucraina ha il diritto di difendersi e noi continueremo a fornire assistenza alla sicurezza per permetterglielo».
Gli Usa non vogliono indebolire la Russia economicamente, ha aggiunto, ma Putin deve fare una scelta semplice: «O il ritiro dall'Ucraina o pagare un prezzo alto». Più netto ancora il generale della Nato Philip Breedlove, che in un'intervista alla Deutsche Welle ha affermato in modo esplicito: «Non si dovrebbe escludere a priori l'opzione militare». Indiscussa 'guest star' di questa seconda giornata di lavori del forum - dove è stata accolta da applausi per la sortita diplomatica intrapresa con il capo dell'Eliseo - Frau Merkel ha fatto una lezione di «ultra-realismo» (come ha commentato la Faz) anche agli americani. Quando qualche senatore Usa l'ha attaccata dal pubblico nella sessione dedicata alle domande spingendo per i rifornimenti militari a Kiev, la cancelliera è sbottata: «Il problema è che io non riesco a immaginare che con truppe rafforzate, in Ucraina, Putin possa essere così impressionato da ritenere di perdere. Lo dico francamente. Questo conflitto non si vince militarmente».
E l'ex ragazza della DDR ha aggiunto un passaggio alla sua riflessione, tratto dalla storia personale vissuta in piena guerra fredda: «Avevo sette anni quando è stato costruito il muro di Berlino. E ho imparato, allora, che nessuno ha iniziato una guerra per evitare l'approfondirsi della divisione in Europa. Fu una una valutazione realistica. E una valutazione realistica del genere si fa anche oggi». Nell'incertezza della situazione generale, quella di oggi è stata una giornata di importanti incontri fra leader, tenuti come sempre a margine del forum: il ministro Paolo Gentiloni ha avuto un bilaterale col collega Lavrov, esprimendo le attese italiane su un accordo sul cessate il fuoco.
E a Monaco sono arrivati anche John Kerry e il capo della diplomazia europea, Federica Mogherini, che ha incontrato Poroshenko, Lavrov e Zarif. Mentre però dietro le quinte si tessono i tentativi diplomatici in vista della conference call di domani tra i quattro leader, le analisi sulle cause del conflitto hanno acceso il dibattito, evidenziando visioni diametralmente opposte. «È il presidente russo ad essere responsabile che il mondo oggi sia un altro», ha tuonato Biden. L'occidente ha offerto alla Russia la possibilità di un nuovo inizio nelle relazioni, dopo la guerra fredda, e «la prospettiva di una maggiore integrazione economica, ma purtroppo, e lo dico sul serio, purtroppo Putin ha scelto un'altra strada».
Un altro film ovviamente quello che visto da Mosca, che ha accusato gli Usa di voler dominare i giochi: «Capisco bene l'ossessione per la difesa missilistica, è una pretesa di dominio globale e tecnologico», ha provocato Lavrov. E del resto, dal Cremlino, a Biden ha reagito lo stesso Putin: gli Usa vogliono un mondo unipolare, «ma tale assetto mondiale non andrà mai bene alla Russia».
Anche i fatti sono stati riletti in modi completamente opposti: «Regole e confini europei non possono essere riscritti. Nè accetteremo tentativi di nessun paese di ripristinare aree di influenza», ha avvertito il vicepresidente Usa. Ma per Lavrov quella dell'annessione è una bugia occidentale: «La Crimea - è stata la sua versione - ha esercitato un legittimo diritto all'autodeterminazione».
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