"Ovvio che abbiamo chiesto scusa, ci dispiace per il dolore che abbiamo causato. Ma non siamo responsabili del nostro rapimento'': lo ha detto Vanessa Marzullo, uscendo per qualche istante dalla casa di Verdello dove è rientrata ieri. ''In Siria? Al momento - ha replicato ad una domanda - non intendiamo tornarci, continueremo ad aiutare da qua. Non dimentichiamo". ''E' difficile ora stare lontana da Greta. Ieri sera ci siamo date la buonanotte, oggi devo ancora sentirla" ha concluso rientrando in casa.
La prima notte di sonno nel proprio letto dopo mesi di segregazione, paura, sofferenza, anche se hanno spiegato di non essere state maltrattate. Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le cooperanti rapite e poi liberate in Siria, sono finalmente a casa. La prima a Gavirate, nel Varesotto, la seconda a Verdello, nel Bergamasco, dove sono giunte dopo il loro ritorno a Roma e la deposizione ai pm di Roma e ai carabinieri del Ros davanti ai quali hanno ricostruito la loro drammatica vicenda. Per entrambe analoga, felice conclusione, con il ritorno alle loro famiglie ma riflessioni apparentemente diverse sull'incubo in cui erano piombate.
Greta, che tra le due era apparsa, dopo l'arrivo in Italia, la più provata, una volta a Gavirate ha chiesto scusa a tutti: "non volevo provocare dolore", ha detto, aggiungendo di essere "felice" per il ritorno nella propria casa, al cui balcone insieme al fratello ha appeso un tricolore. "Per ora non voglio tornare in Siria - ha detto - perché la situazione laggiù è insostenibile". Ed è per questo, però, che "bisogna continuare comunque ad aiutarli".
Anche Vanessa è ovviamente felice di essere tornata a casa, dove ha trovato le cuginette che prima del suo arrivo avevano appeso alla ringhiera dell'abitazione dei palloncini e uno striscione, in inglese, con il quale hanno voluto dire che valeva la pena aspettare per poter rivedere il suo sorriso. Vanessa, per quanto stanca, ha voluto ringraziare con un filo di voce "tutti coloro che hanno lavorato per il nostro rilascio e che hanno pregato per noi". Con un distinguo, però, rispetto all'amica, del quale si fa interprete il padre Salvatore. La ragazza bergamasca, infatti, sembra non aver rinnegato nulla e non aver chiesto scusa, quando ha rivisto i familiari: "Non ci ha chiesto scusa, perché non c'era nulla per cui chiedere scusa. Nonostante la stanchezza l'ho trovata bene". "Ha fatto una cosa pericolosa, ma non sbagliata", ha completato il ragionamento il padre. Poi ha spiegato che nei prossimi giorni cercherà di preservare la tranquillità di Vanessa. Tornerà in Siria? "Non è il momento per decidere - ha risposto il padre della cooperante -, ci penserà e deciderà quando sarà meno stanca e più serena". Vanessa ha comunque avuto la forza di affacciarsi alla porta di casa, fare un cenno di saluto con la mano e un tirato, stanco sorriso. La sua quotidianità comincerà con una "normale cena" nella famiglia finalmente ricomposta, dopo lunghi mesi in cui si sono succeduti la paura, poi la speranza e infine il sollievo e la felicità.
Papà Salvatore cercherà di tenere la figlia lontana dalle polemiche che, comunque, continuano ad infuriare sull'opportunità della missione delle due cooperanti e sul presunto pagamento del riscatto, di fatto smentito dalle autorità italiane. "Goditi tua figlia e taci", è intervenuto nello stile che ormai gli è consueto il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini che definisce "una schifezza" il pagamento del riscatto, se fosse realmente accaduto. Ha ribattuto il deputato del Pd Edoardo Patriarca: "E' inaccettabile il tiro al piccione che esponenti di Forza Italia e della Lega stanno facendo nei confronti della cooperazione internazionale". "La destra sta mettendo Greta e Vanessa sul banco degli accusati, facendo così un torto alla cooperazione internazionale - ha sottolineato -. Ricordiamoci che la credibilità dell'Italia nel mondo è assicurata anche da tanti operatori che vanno nei teatri di crisi o nei Paesi sconvolti da catastrofi umanitarie". Vanessa è attesa anche al pub accanto alla trattoria del padre che, in questi ultimi due giorni, è diventato il quartier generale dove si sono riuniti gli amici in attesa di notizie più dettagliate dopo la conferma della liberazione. Qui la difendono a spada tratta: "Ma come, ci si lamenta che noi giovani siamo menefreghisti - è il pensiero dominante -, che non ce ne frega niente di nessuno e poi si sparano bordate contro due ragazze che volevano solo aiutare gli altri?".
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