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L'Isis sfonda a Kobane, la Turchia è pronta a difendere la città: Teheran e Damasco protestano

Il premier australiano Tony Abbott ha affermato che i terroristi dello Stato islamico «hanno dichiarato guerra al mondo e devono essere fermati»

BEIRUT. La guerra allo Stato islamico (Isis) rischia di scatenare nuove crisi nella regione mediorientale. Mentre la Turchia si dice pronta ad intervenire per impedire ai jihadisti di impadronirsi della città curda di Kobane, in Siria, il governo di Damasco e il suo alleato Iran reagiscono duramente alla decisione presa ieri dal Parlamento di Ankara di dare il via libera a operazioni militari nella stessa Siria e in Iraq. Intanto anche il governo australiano e quello canadese hanno deciso di partecipare ai raid contro l'Isis in Iraq, insieme a Francia, Gran Bretagna e ai Paesi arabi alleati. Il premier  australiano Tony Abbott ha affermato che i terroristi dello Stato islamico «hanno dichiarato guerra al mondo e devono essere fermati».

Damasco considererebbe un intervento militare turco in Siria come una «aggressione», ha affermato il ministro degli Esteri siriano Walid al Muallem, dando notizia di una lettera di proteste inviata dal suo governo al segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, e al Consiglio di Sicurezza. Sulla stessa linea, anche se con toni più misurati, l'Iran, grande sostenitore del regime di Bashar al Assad. Il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, in una conversazione telefonica con il suo omologo turco Mevlut Cavusoglu, ha espresso «preoccupazione» per la decisione del Parlamento di Ankara, affermando che essa rischia di «complicare la situazione nella regione».

Mentre da Baghdad è venuta la ferma protesta dell'ex primo ministro e attualmente vice presidente della Repubblica Nuri al Maliki, vicino alle posizioni di Teheran. Un intervento turco oltre confine, ha affermato Al Maliki, rappresenterebbe una «violazione della sovranità irachena». Ankara, però, non fa marcia indietro. Il primo ministro, Ahmet Davutoglu, ha affermato che la Turchia farà «tutto il possibile» per impedire che l'Isis conquisti Kobane, la terza città curda della Siria, che rimane l'ultimo ostacolo per lo Stato islamico verso il controllo di una vasta parte del confine con la Turchia.

I combattimenti accaniti sono proseguiti anche oggi tra i jihadisti e alcune centinaia di miliziani delle forze di autodifesa curde (Ypg) rimasti a difendere strada per strada la città. Almeno 60 colpi di artiglieria o di mortaio sono caduti sul centro, secondo l'ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). Mentre non vi è conferma ufficiale di una notizia data dalla Cnn in arabo, che, citando fonti curde, aveva detto che le forze dello Stato islamico erano riuscite a penetrare in alcuni quartieri periferici a sud-ovest di Kobane.

In Iraq l'Isis è riuscito ad impadronirsi di alcuni quartieri della città di Hit, 150 chilometri a ovest di Baghdad, uno degli ultimi bastioni delle forze lealiste nella provincia di Al Anbar. Ma a nord della capitale, nella provincia di Salahuddin, prosegue l'avanzata dell'esercito, che oggi ha ripreso il controllo dell'area di Dhuluiya. Inoltre, almeno 12 miliziani dello Stato islamico (Isis) sono stati uccisi e altri 17 sono rimasti feriti in raid aerei americani nei pressi di Kirkuk, nel nord dell'Iraq, secondo fonti locali della sicurezza. Mentre ad ovest di Mosul le forze curde dei Peshmerga sembrano avere ripreso pienamente il controllo della città di Rabia, al confine con la Siria.

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