Da Catania all’Antartide spinto solo dalla voglia di mettersi alla prova ai fornelli. Questa la sfida dello chef siciliano Luca Ficara, 34 anni, da ottobre sulla base scientifica italiana "Mario Zucchelli" nell'ambito del PNRA (Programma Nazionale di Ricerca in Antartide). Ma non è la prima volta che Ficara si trova a vivere tra i ghiacci: lui lo chiama "mal d'Antartide", il richiamo che per ben cinque volte lo ha spinto a tornare.
La prima campagna risale al 2015, quando Ficara, 29enne, si imbarcò per raggiungere la base italo-francese "Concordia", al centro del plateau antartico. Qui rimase per un anno "in condizioni estreme, a temperature che raggiungevano i -80 gradi e con buona parte dei mesi in assenza di luce solare", racconta.
Superata quest'avventura, a conquistarlo è stata però la Mario Zucchelli Station, che gode di una temperatura, per così dire, più "mite" (-20 gradi) in quanto aperta soltanto nel periodo estivo, e dove è tornato per ben quattro campagne consecutive, l'ultima delle quali questa che per lui terminerà tra poche settimane. "Qui possiamo vedere l’oceano - continua nel racconto -, le rocce intorno a noi e fare anche qualche breve passeggiata all’esterno incontrando pinguini, foche ed assistere anche alla schiusa delle uova di grossi uccelli, gli skua, che vengono qui a deporle".
I viaggi dello chef giramondo sono iniziati però molto tempo addietro quando, subito dopo il diploma all'istituto alberghiero, 19enne, si è diretto prima in Inghilterra, dove ha lavorato per cinque anni, e poi, a seguire, in Spagna, Australia e in lungo e largo per tutta Italia.
"Adoro viaggiare e toccare anche l'Antartide con il mio lavoro era una sfida che non potevo lasciarmi scappare, nonostante la dura selezione da affrontare. Per la spedizione della 'Concordia', ho per esempio preso parte ad un progetto coordinato dall'ESA (Agenzia Spaziale Europa) chiamato 'The White Mars', durante il quale ci siamo dedicati a degli sperimenti di simulazioni: gli astronauti in missione su Marte, troveranno infatti condizioni simili a quelle esistenti in Antartide".
Due giorni di viaggio con scali a Dubai e Sidney e poi a bordo di voli privati americani per raggiungere la base Zucchelli. Qui, la vita di uno chef non è semplice e il freddo e le lunghe distanze mettono alla prova concentrazione e preparazione per garantire la sopravvivenza a tutti gli ospiti della base.
"Il mio impegno come cuoco sulla è totalizzante: tutti i giorni devo organizzare colazioni abbondanti, pranzo e cena. Il nostro problema principale sulla base sta proprio nel cucinare perché tutte le materie prime sono congelate, disidratate e in scatola: sono molto pochi i cibi che giungono freschi. La maggior parte delle provviste ci viene spedita via nave, solo il cibo fresco arriva via aereo ma in piccolissime quantità. Le difficoltà nel cucinare sono tantissime perché molte ricette qui non riescono a causa della bassa umidità presente nell'aria tanto, condizioni molto simili al deserto".
Per esempio, per poter conservare i cibi, il team di Luca Ficara si avvale della cosiddetta "food cave" dove vengono conservate "le provviste per le campagne e dove abbiamo una scorta per circa due anni perché non tutti gli anni riceviamo la nave con i viveri. È un processo complicato perché ogni volta che andiamo ad attingere dalla grotta abbiamo bisogno di elicotteri. Giunti alla base poi scongeliamo il cibo nei frigoriferi ad una temperatura di +4. Si tratta di un processo inverso rispetto a quello che si farebbe a casa visto che le temperature esterne non ci permettono di scongelare in tempi brevi".
Tra i procedimenti più complessi in Antartide però c'è quello della lievitazione tanto che Luca, insieme al suo team, ha dovuto ingegnarsi applicando e riadattando metodi alternativi. "Io, il mio aiutante Emauele Puzo e il panettiere Roberto Mollica, abbiamo creato una pasta madre fatta di acqua di mare dissalata, miele e farina che ci ha permesso di non far mancare mai pane e pizza. Qualcosa di fondamentale se si pensa che, dal momento che qui i giorni sembrano essere tutti uguali dal momento che non c'è mai buio e abbiamo 24 ore di sole al giorno - spiega con curiosità -, contiamo le settimane a partire da ogni sabato, giorno in cui mangiamo la pizza: un modo diverso per scandire il tempo che manca alla nostra partenza".
La tradizione culinaria sicula non ha mai abbandonato Luca Ficara, nemmeno in Antartide, contagiando, con i suoi particolari e inconfondibili sapori, anche tutti i ricercatori della base scientifica. "Abbiamo fatto conoscere a tutti e 120 gli ospiti della base le arancine, la pasta alla norma e i cannoli e abbiamo avuto anche l'occasione di organizzare anche serate a tema siciliane. È un modo come un altro per sentirci a casa", afferma in attesa del suo ritorno.
Lo chef porta sempre nel cuore la sua Sicilia. E proprio alla sua terra pensa per i progetti futuri. "Tornato a casa proseguirò con corsi e tour gastronomici in collaborazione con una compagnia inglese. Ma il mio sogno - conclude - è quello di dare vita a un ristorante dove in cucina possano lavorare al mio fianco chef diversamente abili".
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